Su sviluppo e salario minimo lavoriamo insieme
L’intervista di Carlo Calenda a Repubblica
Carlo Calenda, si sta riavvicinando al Pd?
«No. Con la segreteria Schlein sono più le cose che ci dividono da quelle che ci uniscono, ma al Pd dico che si può lavorare insieme su lavoro e sviluppo».
Per lavoro lei intende il salario minimo a 9 euro all'ora?
«Sì, ma che io chiamerei retribuzione minima contrattuale, per distinguerla dalla proposta dei Cinquestelle, che rischia di spazzare via la contrattazione collettiva».
Qual è la differenza?
«La nostra proposta verrebbe recepita, nel tempo di un anno, nei contratti collettivi nazionali per contrastare i contratti pirata, come avviene in tanti settori del commercio, della vigilanza, delle pulizie».
Cosa propone al Pd?
«Di co-firmare insieme il disegno di legge. Abbiamo già fatto insieme dei tavoli tecnici e su questo si può lavorare. Facciamo una battaglia di merito».
E l'offerta sullo sviluppo?
«E’ quella di utilizzare i soldi del Pnrr per finanziare progetti d'impresa 4.0, allargandoli ai beni energetici e ambientali».
Giorgia Meloni è contraria al salario minimo.
«Un tragico errore. La crescita non rilancia il potere d'acquisto degli italiani, eroso dall'inflazione e dall'aumento dei tassi. Noi abbiamo proposto la sospensiva della quota capitale dei mutui per venire incontro alle famiglie».
Lei ruppe all'ultimo secondo con Enrico Letta.
«Letta firmando con re soggetti che con noi c’entravano nulla sapeva che avremmo rotto. Azione ha una strada separata dal Pd ma con approccio pragmatico. Infatti a Brescia e a Vicenza abbiamo appoggiato i candidati riformisti sostenuti dal centrosinistra».
Che valutazione dà di questi primi quattro mesi di Schlein?
«Non ero tra quelli che pensava che avrebbe salvato il mondo, così come oggi non penso affatto che sia in crisi solo perché ha perso gli ultimi ballotaggi. Sta facendo il suo tirocinio da segretario del Pd».
Lei avrebbe preferito Bonaccini.
«Sì, ma ciò non significa che non si possa provare a fare cose positive per il Paese nel merito di alcune proposte».
E quindi torna a bussare al Pd?
«No, propongo una grande battaglia sul merito dei provvedimenti. Cose concrete, che interessano ai cittadini, come un reddito decoroso, piuttosto che dilaniarci sul fatto che il decreto sui controlli della Corte dei Conti trasformi il nostro in un Paese orbaniano».
Non vede una deriva orbaniana?
«Il vero problema della destra al governo è che non fa nulla, come sull'immigrazione. Non c'è un'idea di Paese. Vanno stanati sulle cose da fare».
Non c'è l'occupazione della Rai?
«C'è sicuramente. Ma si ritorcerà contro, perché chi occupa alla fine provoca un effetto di saturazione. Vuole fare tutto Meloni. Anche il commissario alla ricostruzione. Ma così non si fa bene niente. E lo si sta vedendo sul Pnrr».
Perché il Terzo Polo è fallito?
«A livello parlamentare lavoriamo ancora bene insieme. Abbiamo presentato una proposta per vietare i social ai minori di tredici anni, una grande emergenza, come ha denunciato il capo dei medici americani».
È fallito il partito unico.
«E mancata la volontà dell'altra parte».
Renzi andrà nel centrodestra?
«Non lo so. Spero di no. Questo centrodestra ha mandato a casa Draghi, e in questi mesi stiamo vedendo cosa abbiamo perduto».
Per molti è il possibile leader di Forza Italia.
«Non ne ho idea. Io perseguo sempre l'idea di un grande partito liberale e riformista».
Ma non avete teso troppe mani al governo finora?
«Su cosa?»
Giustizia, riforme, Corte dei Conti.
«Sono cose che avrei fatto anch'io. La depenalizzazione dell'abuso d'ufficio è nel nostro programma. E sul premierato la nostra proposta non coincide esattamente».
Cioè?
«Noi siamo per l'indicazione del premier, non per la sua elezione diretta. Ciò consente la possibilità di una sfiducia costruttiva. Ci ritroviamo molto nella proposta fatta da Giuliano Amato su Repubblica. L'indicazione del premier evita uno squilibrio con il Quirinale, che in quanto non eletto direttamente diventerebbe dunque più debole rispetto al capo del governo».
Alle Europee che farete?
«La nostra collocazione è nell'area liberale, quella Renew di Macron, ma è prematuro per i dettagli».
Un anno fa lei era l'ago della bilancia. Cosa non ha funzionato?
«Quando le cose vanno male hai per definizione qualcosa da rimproverarti. Ma da zero abbiamo portato un partito all'8 per cento, però siamo sempre stati coerenti e sinceri, senza prendere in giro le persone».
Si rimprovera qualcosa?
«Non possiamo essere diversi rispetto alle ragioni per cui siamo nati».
(Intervista a cura di Concetto Vecchio)