Sulla violenza di genere basta perdere tempo
L’intervista di Mariastella Gelmini al Giornale
Ha letto l'intervista di Letizia Moratti al Giornale. Quella virata verso «il centro del centrodestra». E così Mariastella Gelmini, oggi in Azione, decide di confrontarsi con quelle parole:
«Anch'io penso che sia necessario costruire un centro, un centro popolare, riformista, liberale e repubblicano. A differenza di Letizia Moratti però penso che questo centro non possa allearsi, federarsi o confluire nel centrodestra. E neppure nel centrosinistra».
E come immagina questo terzo player?
«Ritengo che debba essere alternativo alle due coalizioni che hanno mostrato i loro limiti».
Anche il Terzo polo è andato in crisi, anzi si è sfasciato.
«Ma con Carlo Calenda, Mara Carfagna, Matteo Richetti, Elena Bonetti ed altri amici abbiamo ripreso quel cammino, che resta la soluzione migliore per affrontare i problemi che frenano l'Italia. Naturalmente, su molte questioni siamo vicini alla sensibilità della Moratti e comprendiamo anche chi sta in questo centrodestra a trazione sovranista con un certo disagio».
Tradotto, no a un'opposizione ideologica che vota semaforo rosso in automatico alle proposte della maggioranza?
«Esatto: ho un profilo liberale che è anche quello di Azione e di tanti colleghi che stanno al centro; quando possiamo dare un contributo per il bene del Paese non ci tiriamo indietro, anche se le iniziative arrivano dal governo».
Come è successo per la violenza di genere?
«Ho appena finito una conferenza stampa insieme a Carfagna e Bonetti, in cui abbiamo annunciato il nostro sostegno al testo della ministra Roccella, pur con alcune modifiche. Sì alla procedibilità d'ufficio in alcune situazioni, sì al potenziamento del braccialetto elettronico, chiediamo più risorse per i centri antiviolenza e risorse strutturali per il reddito di libertà. Vede, queste donne, queste donne rischiano di essere tradite non una ma due volte: prima da chi diceva di amarle, poi dallo Stato che le abbandona in una terra di nessuno. Ecco, ben venga l'intervento del governo, a patto che si faccia presto. Il testo Roccella assomiglia a quello dell'esecutivo Draghi. E passato un anno, hanno impiegato dodici mesi per riscriverlo quasi identico, ma ora non perdano altro tempo».
Avete votato anche la delega fiscale. Perché?
«Perché è l'inizio di un percorso che va nella giusta direzione. Non ci interessa piantare bandierine, ma siamo favorevoli a un fisco più semplice e in prospettiva più leggero, più vicino alle imprese e ai professionisti. Certo, ora ci sono tanti passaggi da fare, su questo vigileremo. Aspettiamo il governo alla prova dei fatti».
Ci siete anche sulla giustizia?
«Siamo favorevoli all'abolizione dell'abuso d'ufficio che genera la paura della firma e siamo garantisti fin dal primo momento dell'inchiesta. Enrico Costa, l'esperto di giustizia dentro Azione, sottolinea un giorno sì e l'altro pure che il trojan, diventato famoso con le intercettazioni del caso Palamara, va usato solo per reati gravi e in certi contesti. Oggi c'è invece chi lo utilizzerebbe in qualunque inchiesta, ma noi siamo rispettosi dei diritti delle persone e vogliamo che questi diritti non siano messi fra parentesi per ottenere a tutti i costi successi investigativi».
Sul Pnrr siete con Fitto?
«Il Pnrr è una grande opportunità per il Paese e devo dire che ha stancato questo derby in cui si rimpallano colpe e risultati. La verità è che il Pnrr ha attraversato i governi Conte, Draghi e Meloni. Sappiamo che alcuni capitoli non si potranno realizzare e non ci interessa alimentare inutili polemiche, ma bisogna far fruttare quei fondi e chiediamo al governo più coraggio sulle riforme».
Quindi che suggerimenti avete dato al ministro?
«Tornare a spendere risorse per industria 4.0. È un capitolo importantissimo per la crescita del nostro sistema produttivo che aveva introdotto Calenda, quando era ministro. Dobbiamo insistere di nuovo in quella direzione: bisogna sostenere le imprese, detassando gli investimenti per l'innovazione. Dobbiamo aiutare in tutti i modi le imprese che corrono verso il futuro e si impegnano sulla linea non sempre facile della sostenibilità. Questa deve essere una battaglia comune, da condividere senza alzare muri e steccati».
Von der Leyen a Lampedusa è solo propaganda, come sostiene certa sinistra?
«No, è una visita che apprezziamo. Apprezziamo meno certi slogan facili ma inapplicabili, come quelli sui porti chiusi o sul blocco navale. Immaginiamo invece provvedimenti concreti, che ad oggi non si sono visti. La soluzione al problema sta in Europa: qui l'Italia deve sedersi al tavolo con Francia e Germania, non con i Paesi di Visegrad ».
(Intervista a cura di S. Zurlo)