No alla piazza, soluzioni concrete da salari a sanità

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08/10/2023

L’intervista di Carlo Calenda al Messaggero

«Landini chiama allo sciopero generale? È sempre la stessa storia: si distoglie l'attenzione dai problemi reali, come i salari troppo bassi, perché non si è in grado di risolverli e la si butta in caciara. Ma politicizzare uno sciopero magari facendolo diventare una protesta contro il rischio fascismo, che è morto da un pezzo, è una deriva molto pericolosa. Noi, con questo modo di fare opposizione, non abbiamo nulla a che fare».

Carlo Calenda risponde al telefono dalla Puglia, reduce da un tour elettorale e da una visita ai palazzi di Svevi e Normanni tra Trani e Castel del Monte. Senatore, la piazza della Cgil ha sollevato anche temi cari a voi di di Azione: perché ha scelto di non esserci?

«Perché il mio lavoro lo faccio andando in Parlamento, non in piazza. Non condivido la piattaforma della Cgil che tiene dentro tutto, un elenco infinito di richieste irrealizzabili: salari, pensioni, tasse e chi più ne ha. Come credo che sia sbagliato far passare il messaggio che la Costituzione è solo di una parte politica, e che è pertanto automaticamente in pericolo se la sinistra non governa.

Non è così».

Sa cosa dirà chi la critica? Che Che lei era in giro invece di stare a fianco dei lavoratori.

«Perché, se non stai con la Cgil vuol dire che non difendi i lavoratori? E allora la Cisl, la Uil? Da ministro dello Sviluppo sono stato il più presente ai tavoli di crisi, ne ho fatti 155. Quello che non mi convince sono i toni populisti e massimalisti usati ieri da un sindacato che divide il Paese in buoni e cattivi, senza mai una riflessione sulle proprie responsabilità. Negli ultimi trent'anni i salari reali in Italia sono diminuiti del due per cento, in Francia e Germania aumentati del 30: forse qualcosa hanno sbagliato anche i sindacati. A cominciare dalla vicenda della Magneti Marelli»,

Landini è stato assente in quel la crisi?

«Nessuno si è opposto alla vendita di Marelli al fondo che l'ha Iperindebitata tranne il sottoscritto, dai sindacati solo note entusiaste. Continua a parlare di crisi dell'automotive in Italia senza nominare mai Stellantis. Oggi invece Landini invoca lo sciopero generale e dice Marelli non si tocca. Troppo facile».

Almeno sul salario minimo, però, siete d'accordo..

«Ma quello che cerchiamo di fare è mettere allo stesso tavolo maggioranza e opposizione per portare a casa il risultato, visto che quando erano all'opposizione anche Meloni e Salvini erano d'accordo. Un po’ come il Pd con l'abuso d'ufficio: ieri diceva di si, oggi che il governo vuole cancellarlo ha cambiato idea. Un gioco delle parti che vogliamo chiudere. Sono stanco di sentire che la democrazia è a rischio, non è così. Pensiamo ai problemi reali della gente: salari e sanità».

Sulla sanità lei ha provato a costruire un asse comune con Pd e M5S, i risultati per ora scarseggiano. No?

«Col Pd abbiamo avviato un dialogo proficuo, ho sentito Schlein a telefono e siamo d'accordo: in Italia ci sono dieci milioni di prestazioni urgenti che non vengono erogate. Servono dieci miliardi sulla salute: 8 per assumere nuovi medici e infermieri, due per rimborsare ai privati le prestazioni che il pubblico non riesce a garantire».

Ei Cinquestelle?

«Con loro non ho ancora ho avuto contatti diretti. Non voglio polemiche: mi auguro si possa fare un fronte comune. Anche con Meloni».

Torniamo al tema del lavoro: il jobs act è stato un errore, come sostengono Schlein e Landini?

«Questa è una gigantesca ipocrisia, confermata dal fatto che Landini ha licenziato il suo ex portavoce utilizzando quella legge. In ogni caso, i licenziamenti con quella norma sono diminuiti. Possibile che nessuno faccia un'analisi sulla base dei numeri? No, la Cgil parla di sciopero generale. Altrimenti dovrebbe trovare delle proposte».

E non le ha, secondo lei?

«Sono sempre gli stessi slogan. Noi diciamo di concentrare le risorse sulla sanità. Landini vuole tutto e non ottiene nulla. Però non pronuncia una parola sul superbonus, che ci è costato 150 miliardi: soldi con cui avremmo messo a posto la sanità per venti anni. Come mai? Perché lo ha fatto Conte, che è diventato di sinistra, e allora il sindacato lo applaude. Questa è la triste storia di questo Paese».

E degli slogan anti-Nato risuonati al corteo, che ne pensa?

«In quella piazza c'era dentro un grande spirito anti-occidentale. Niente di nuovo, purtroppo. E mi spiace che la minoranza dem non dica niente a questo proposito: una volta la Cgil era la cinghia di trasmissione del Pd, oggi sembra vero il contrario. Lo ribadisco: la nostra idea di opposizione è ben diversa».

(Intervista a cura di Andrea Bulleri)