Sulla violenza di genere, la battaglia è culturale

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22/11/2023

L'intervista di Mariastella Gelmini a Formiche.net

“Dovete bruciare tutto”. È una metafora forte, quella utilizzata da Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, la ragazza uccisa da Filippo Turetta, durante una trasmissione televisiva. Un imperativo per le coscienze. “Serve fare di più”. In questi casi l’auspicio corale è sempre: che sia l’ultima. Ma la scia di sangue continua. Ed ecco perché ora più che mai occorre “una battaglia innanzitutto culturale”. A dirlo è la senatrice e portavoce di Azione, Mariastella Gelmini.

Il nome di Giulia Cecchettin è l’ultimo di una lunga scia di sangue. La sorella della vittima chiede uno sforzo prima di tutto culturale per cambiare questo paradigma. Da dove iniziare?

Ha ragione Elena Cecchettin quando dice che “bisogna insegnare che l’amore non è possesso”. Per combattere la violenza di genere servono nuove misure di natura penale, ma le leggi da sole non bastano. Questa è una battaglia innanzitutto culturale. Di fronte a questa emergenza le famiglie da sole non ce la fanno ed è giusto che la scuola le affianchi in questa sfida. Anche per questo propongo di potenziare la “Settimana contro la violenza nelle scuole” che nel 2009 come ministro dell’Istruzione introdussi con la collega Mara Carfagna. Bisogna educare all’affettività e costruire un percorso con i ragazzi fatto di testimonianze, buone pratiche dal territorio e di impegno che vada ben oltre l’ora di educazione civica.

Nel 2017 l’introduzione del reato di tortura, nel 2019 il “codice rosso”. Ci sono strumenti legislativi sufficienti, a suo giudizio, per contrastare il fenomeno del femminicidio?

Lo scorso 26 ottobre alla Camera è stato approvato il disegno di legge del governo sulla violenza di genere. Il provvedimento è in Commissione Giustizia al Senato e pare che arrivi in Aula già in settimana. Certo, non abbiamo capito perché in questo primo anno di legislatura la maggioranza non abbia mai voluto riprendere il testo (già pronto) approvato dal governo Draghi. A quel provvedimento avevano lavorato tra l’altro anche forze politiche dell’attuale maggioranza e se invece di ricominciare da capo si fosse partito da lì, oggi avremmo già dato una risposta alle donne.

Si avvicina la giornata del 25 novembre. Una ricorrenza importante, sotto il profilo simbolico. Ma, il giorno dopo, che cosa resta dell’enunciazione di quei principi e buoni propositi?

L’impegno per le donne deve andare oltre il 25 novembre. Azione, per esempio, in vista della legge di Bilancio, ha deciso di presentare degli emendamenti per chiedere più risorse per i centri antiviolenza e le Case rifugio e per il micro credito di libertà, uno strumento fondamentale per consentire alle donne vittime di violenza di lavorare, di essere economicamente autonome e quindi di emanciparsi. Un altro impegno che stiamo portando avanti è quello di definire i Livelli essenziali di Prestazione: così come fatto durante il governo Draghi sugli asili nido, vogliamo che vengano definiti i Lep anche su Cav e Case rifugio. Una strada per garantire a queste strutture una distribuzione più omogenea sul territorio delle risorse, dando alle donne – a prescindere dal luogo di residenza – lo stesso diritto alla protezione.

Com’è cambiato l’atteggiamento della politica in questi anni rispetto a questa tematica? Cosa resta ancora da fare?

I numeri ci sbattono in faccia una dura realtà: Giulia Cecchettin è la 105esima vittima di femminicidio nel 2023. E l’Italia purtroppo si conferma tra i 5 Paesi europei con il numero più alto di donne uccise. In questi ultimi anni abbiamo fatto dei passi in avanti, ma bisogna fare ancora di più. Serve un’azione comune contro i femminicidi. Giusto l’appello rivolto alla politica italiana da Paola Cortellesi, lo condivido: Giorgia Meloni ed Elly Schlein diano l’esempio e contro la violenza di genere giochino la stessa partita. Andiamo oltre gli schieramenti, oltre ogni colore politico. Noi parlamentari lo abbiamo già fatto in passato con l’approvazione del Codice Rosso e l’introduzione di nuove fattispecie di reato come il sexting e il revenge porn. Ora tocca anche a loro dare un segnale.

L’orientamento del governo, attraverso un apposito ddl, è quello rafforzare ulteriormente il codice rosso. Voterete a favore? Presenterete emendamenti?

In realtà al disegno di legge presentato dalla ministra Roccella è stato abbinato un nostro testo presentato in Parlamento a inizio legislatura con le colleghe Bonetti e Carfagna. Siamo riusciti ad introdurre alcune delle nostre proposte e anche per questo voteremo a favore.

(Intervista a cura di F. De Bisceglie disponibile qui)