Valorizziamo i fondi per la lotta alla violenza di genere

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19/12/2023

L’intervista a La Stampa di Mariastella Gelmini

L’accordo fra maggioranza e opposizione in commissione Bilancio per evitare l’ostruzionismo sulla Finanziaria valeva quaranta milioni dei cento a disposizione per le modifiche parlamentari. Azione, Pd, Cinque Stelle, Italia Viva, gruppo misto e per le autonomie si sono accordati per destinarli tutti alla violenza contro le donne. L'ex ministro Maria Stella Gelmini, esponente del partito di Carlo Calenda, è fra coloro che ha cercato l'accordo.

Si potrebbe chiosare che quando le risorse sono poche le si spende meglio. Sbaglio?
«Noto una certa insofferenza nella maggioranza per lo scarsissimo spazio a disposizione del Parlamento. Ma sì, è vero: per la prima volta, anziché disperdere i soldi in mille rivoli, come opposizioni abbiamo fatto una scelta alta e nobile».

Questi quaranta milioni sono aggiuntivi rispetto alle risorse esistenti?

«Esisteva già un microfondo, finanziato con emendamenti a pié di lista. Questa è la prima volta in cui si stanzia una cifra significativa nel triennio per dare sostanza ad un’attività legislativa che negli ultimi mesi è stata seria. Insieme ai colleghi Carfagna, Bonetti, Lombardo e Versace, ci siamo impegnati a lungo per raggiungere l'obiettivo».

Come verranno utilizzati concretamente i fondi?
«La metà dei quaranta milioni andranno alla creazione di case rifugio per donne in difficoltà. Dieci milioni verranno destinati al cosiddetto “reddito di libertà”: oggi viene denunciato solo il trenta per cento delle violenze, e questo succede anche perché tra le donne colpite quelle che non lavorano non sanno come uscire di casa. Sette milioni sono per rafforzare i centri antiviolenza, tre per iniziative di formazione professionale degli operatori».

Fondi però che ora andranno distribuiti fra le Regioni. La competenza non è la loro?
«La mia esperienza di ministro per gli Affari regionali mi ha purtroppo insegnato che in questi casi il rischio di perdere tempo è altissimo. La conferenza delle Regioni però è sensibile sul tema, sono certa che accelererà l’iter con il ministro Roccella e saprà concentrare le risorse dove i servizi sono più carenti o c’è più necessità».

Cosa c’è di buono e cosa no in questa Finanziaria?
«La cosa peggiore di questa Finanziaria sono i fondi - troppo pochi - alla sanità. I tre miliardi a disposizione non coprono nemmeno il peso dell’inflazione, e non c’è alcuna possibilità siano sufficienti a migliorare gli enormi problemi delle liste di attesa. Ricordo che gli italiani spendono quaranta miliardi di tasca loro per sopperire alle mancanze delle strutture pubbliche. Il governo avrebbe dovuto accettare i trentasei miliardi a disposizione con il fondo salva-Stati per la sanità. Vedo che ancora c’è chi ne parla, purtroppo quella linea di credito è scaduta ormai da un anno».

Il governo ha comunque deciso di concentrare la gran parte dei fondi della Finanziaria sulle famiglie a basso reddito. Non è così?

«Al netto di un intervento che non è comunque strutturale, la mia critica principale è un’altra. Invece di destinare tutte le risorse sul lavoro dipendente, sarebbe stato meglio rafforzare quelle per l’assegno universale: sarebbe andato anche a vantaggio di lavoratrici e lavoratori autonomi e precari. In questo modo saranno esclusi dai benefici».

Come mai il governo, nonostante la decisione di imporre al Parlamento zero modifiche, è così in ritardo sull’iter della legge di Bilancio? Oggi è il 18 dicembre ed è appena stata votata la legge in prima lettura in commissione.
«Il governo ha perso settimane sull’emendamento sulle pensioni dei lavoratori e dei medici che hanno iniziato a pagare i contributi prima del 1996. Invece di modificarla, quella norma avrebbero fatto meglio a cancellarla del tutto».

(Intervista a cura di A. Barbera disponibile qui)