Premierato: una riforma pasticciata e confusa

Oggi al Senato si è votato per il Premierato. Un disegno di legge pasticciato e confuso a cui Azione si è opposta fermamente nel merito, nel metodo e soprattutto per le conseguenze che produrrà.

Nel merito, perché la riforma del premierato rafforzerebbe l’inefficacia e l’incapacità di autocritica della politica, blindando il Presidente del Consiglio.

Nel metodo, perché con questa riforma, oggi, si distoglie l’attenzione da quei 120mila giovani che vanno via dall’Italia, dai 4 milioni di cittadini sotto la soglia di povertà, da una scuola e da una sanità a pezzi. Questi sono i punti rilevanti che interessano oggi al Paese e sono difficili e complessi da affrontare. Ma come intende uscirne il governo Meloni? Proponendo una riforma che non serve a nulla.

Dopo le elezioni europee, non mi sento di dare consigli su come si può prendere il consenso, ma ciò che posso dire è che il prossimo anno segheremo un altro pezzo del ramo su cui siamo seduti tutti insieme, cioè le istituzioni repubblicane. E le segheremo per via di un conflitto costante su tutto, che non produrrà niente e al cui termine saremo più deboli.

Più i cittadini si allontaneranno dalla politica, più il pericolo democratico non sarà questa riforma in sé, ma ciò che provoca, cioè la sensazione nel Paese che qui e ora stiamo discutendo di cose lunari, perché noi sappiamo perfettamente che i poteri del Presidente del Consiglio sono enormi, ma quello che non funziona sono la pubblica amministrazione, il federalismo, la giustizia…

Il rischio è che a votare resteranno solamente i tifosi, e se rimarranno solo le curve quello che si fa o non si fa, che si produce o non si produce, diventa irrilevante, perché l’unica cosa che diventa rilevante è il tifo. Il problema è che i tifosi saranno sempre meno dei cittadini, e a un certo punto i cittadini ci lasceranno del tutto.

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