Scarafaggi, psicofarmaci e droga portata dai droni: “Cosa succede nelle carceri italiane”. L’intervista a Fabrizio Benzoni
Di seguito, si riporta l'intervista di Today a Fabrizio Benzoni.
Le carceri italiane esplodono e con il sovraffollamento aumentano i casi di violenza, lo spaccio di droga, le situazioni di insicurezza anche dal punto di vista igienico sanitario. E sono sempre di più i detenuti - soprattutto giovanissimi - che si tolgono la vita. Dall'inizio dell'anno sono infatti sessantuno i carcerati che si sono suicidati, spesso a pena quasi scontata. Ne parla, a Today.it, il deputato di Azione Fabrizio Benzoni, che in questi mesi visitato gli istituti penitenziari di tutto il Paese per toccare con mano la situazione.
"I detenuti preferiscono restare nelle celle perché si sentono più al sicuro"
È lui, che durante il dibattito parlamentare sul "decreto Carceri" e l'ennesimo rinvio alla discussione della proposta del collega Roberto Giachetti (che chiede di elevare la detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata da 45 a 60 giorni per ogni semestre di pena), ha fatto mettere agli atti una drammatica lettera dei detenuti del Canton Mombello - Nerio Fischione di Brescia (la sua città) poi citata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Nella lettera dei detenuti di Brescia - spiega Fabrizio Benzoni - si raccontano situazioni al limite: lunghe file per andare in bagno, che altro non è che un orinatoio alla turca con sopra una doccia: a causa del sovraffollamento non è scontato che ogni cella abbia i sanitari e comunque anche quando ci sono parliamo di stanze sovraffollate dove viene meno ogni forma di intimità e rispetto della dignità della persona. In molte carceri il problema è lo spazio, in altri le strutture vecchie e le condizioni igieniche disastrose, in tutte la carenza di personale della polizia penitenziaria, che non riesce ad assicurare neanche la sicurezza: recentemente un detenuto è stato assassinato in carcere. Nel periodo del Covid hanno tenuto le celle aperte durante il giorno, quindi i detenuti potevano muoversi nella sezione, una cosa che secondo me era molto positiva. Oggi, con le nuove direttive, si sta tornando indietro tenendo le celle chiuse anche durante il giorno, perché la carenza di personale di Polizia Penitenziaria crea il paradosso che il detenuto si senta più al sicuro nel microcosmo della sua cella, persino quando la divide con altre quindici persone di nazionalità diversa che non si parlano tra loro”.
"Tanti morti sono giovanissimi perché a causa dei nuovi reati introdotti dal governo Meloni con il decreto Rave e il decreto Cutro, molti detenuti sono minorenni o giovanissimi sotto i 25 anni. In tutta Italia sono 550, mai stati così tanti. Uno di loro, a Pavia, si è suicidato il giorno del suo compleanno, a tre settimane dall’uscita. È la dimostrazione che la funzione rieducativa è fallita completamente, perché chi sta dentro ha paura di quello che ritroverà fuori, perché uscirà senza alcuna competenza lavorativa e senza alcuna formazione. E questo fa loro prospettare una vita di criminalità che prima o poi ti riporterà dentro. Al contrario, nei casi in cui i detenuti riescono a svolgere delle attività dentro il carcere e a intraprendere percorsi di formazione, il tasso di recidività diventa molto basso. È assurdo che non si riesca, almeno per i reati minori e dove non c'è la reiterazione, a prevedere pene alternative; spesso in una stessa cella ci trovi un ragazzo arrestato per detenzione di droghe leggere e un adulto colpevole di reati gravissimi, è una follia. In alcune province ci sono appena tre braccialetti elettronici a fronte di centinaia di detenuti che potrebbero fruirne senza sovraffollare le celle".
"Da quando ho iniziato a girare per gli istituti - racconta ancora il deputato bresciano - ho capito come la politica capisca poco del carcere. Il problema che è il sovraffollamento è solo la punta di un iceberg, tant'è che non siamo al record massimo di sovraffollamento, ma siamo al record massimo di suicidi. Quando entri in un carcere, capisci quali sono i problemi e ti rendi conto di quanto gli istituti non siano dei luoghi dove scontare una pena per poi tornare a una vita normale, ma dei luoghi di segregazione. Il problema è che dentro, come accennavo prima, non ci finiscono solo i delinquenti, ma anche persone che hanno commesso degli errori e che magari non riescono a reggere psicologicamente la situazione, arrivando a compiere gesti estremi".
"Conviene più spacciare in carcere che fuori"
Un altro fenomeno sempre più diffuso è lo spaccio e il consumo di droga all'interno degli istituti penitenziari: sembra assurdo ma le sostanze proibite riescono ad arrivare all'interno con relativa facilità, alimentando un commercio che spesso elude i controlli: "C’è stato raccontato - continua il deputato di Azione - che ci sono addirittura dei detenuti che sperano di rientrare il prima possibile in carcere dopo essere usciti, perché la droga in carcere si vende a dieci volte il prezzo. Gli stupefacenti entrano in vari modi: in molti casi vengono portati dai parenti, che non vengono perquisiti, oppure arrivano in modo più ingegnoso, persino con i droni. Spesso le carceri sono costruite in luoghi dove un tempo non c’era nulla, ma oggi sono circondate da altre strutture; è il caso del carcere di Marassi, che confina con una parte della curva dello stadio che è decisamente più alta del muro di cinta e con il parcheggio di un supermercato, anch’esso più alto rispetto alle recinzioni. La posizione rende quindi facile il lancio all’interno di pacchetti contenenti la droga. In altri casi lo stupefacente viene trasportato con dei maglioni dopo essere stato sciolto in un liquido poi lasciato essiccare: le tecniche sono tantissime".
L'assenza di personale penitenziario, oltre a creare problemi di sicurezza, produce anche un impoverimento di tutte quelle attività che dovrebbero servire alla rieducazione del detenuto. "In giro per l'Italia - prosegue Benzoni - ci sono delle esperienze molto positive: penso al carcere di La Spezia dove i detenuti fanno archiviazione ottica di documenti e chi esce trova lavoro dopo poco. In altri istituti ci sono le fornerie, che però riescono a occupare tre o quattro detenuti su seicento, in altri ancora le falegnamerie".
"Il problema - continua - è che l’assenza di personale rende spesso impossibile svolgere le attività di recupero. Faccio un esempio: per scortare i detenuti in palestra servono quattro agenti, ma se quegli agenti sono impegnati perché qualcuno si è sentito male quell’attività non viene svolta e si creano situazioni di tensione. I laboratori sono la prima cosa che viene chiusa quando c’è carenza di personale, perché al loro interno ci sono materiali che possono essere utilizzati in modo improprio dai detenuti, sia contro altri che per farsi del male".
L'abuso di psicofarmaci
E non sono solo i detenuti a vivere delle situazioni al limite: "In pochi lo ricordano - spiega ancora il deputato - ma nel conto dei suicidi in carcere sono compresi sei agenti di polizia penitenziaria, che lavorano in condizioni spesso insostenibili e non reggono psicologicamente. E dove il problema non è l'assenza di personale, c'è la fatiscenza delle infrastrutture: tornando al carcere di Brescia, è una struttura vecchissima, piena di ruggine, di infiltrazioni d'acqua, di insetti e blatte ad altro; la zona ricreativa è una stanza dove i carcerati girano camminano intorno alla parete come topi in gabbia; una situazione invivibile. Questo porta un'altra piaga, che è quella dell'abuso di psicofarmaci, utilizzati da molti detenuti per anestetizzarsi ventiquattr'ore su ventiquattro. Stiamo gestendo le carceri come se fossero i nuovi manicomi: c'è dentro di tutto, non c'è l'assistenza psichiatrica e l'abuso di farmaci è utilizzato come normalizzatore. In un Paese civile questo è inaccettabile".
(intervista a cura di Fabio Salamida)