Di seguito, si pubblica l’intervista di Vincenzo Camporini, responsabile nazionale Difesa, di oggi al Messaggero.

«Si può comprendere che gli israeliani vogliano smantellare le postazioni di Hezbollah nel Sud del Libano e che sia tatticamente importante per loro che le basi di Unifil arretrino. Ciononostante, è inammissibile che vengano colpite installazioni delle Nazioni Unite». Il generale Vincenzo Camporini, già Capo di stato maggiore dell’Aeronautica e della Difesa, e responsabile sicurezza e difesa di Azione, spiega dal punto di vista militare le ragioni dei generali israeliani nell’insistere per una ridislocazione del contingente Unifil, ma «politicamente Netanyahu ha commesso un grave errore, che lo isola ancora di più».

Qual è la situazione sul terreno?
«Dal 2006 Hezbollah non ha fatto altro che consolidare la propria presenza non solo politico-sociale ma anche militare nel Libano del Sud, predisponendo protezioni, corazzature, basi di lancio di razzi e missili con tutta una serie di ordigni che, mandati regolarmente dall’Iran attraverso convogli che passavano senza problemi per la valle della Bekaa, una volta superato il fiume Litani arrivavano in zona. La questione era nota a tutti, agli israeliani come a Unifil, che però in base alle regole di ingaggio e al mandato ricevuto non poteva intervenire direttamente, ma solo a supporto dell’esercito libanese che a sua volta avrebbe avuto il compito di disarmare le milizie e smilitarizzare la fascia tra il Litani e la Linea Blu».
E invece?
«Le forze armate libanesi sono prive di un mandato chiaro del governo, perché Hezbollah è entrato nel Parlamento e condiziona il governo al punto che l’esercito è costretto a giocare un ruolo passivo».
Ora però c’è una situazione di guerra.
«Esatto. Unifil ha le mani legate, è forza di peace-keeping, mantenimento della pace, non di peace-enforcing. Non può contrastare militarmente chi viola gli accordi e la risoluzione 1701 Onu del 2006, può solo fare monitoraggio e riferire al governo libanese. Avrebbe il mandato di supportare le popolazioni locali e definire la Linea Blu, compiti che ha svolto egregiamente. Oggi è legittimo domandarsi se valga la pena che il contingente Unifil rimanga. La risposta non può che essere politica».
E se gli israeliani bombardassero le basi?
«Speravo che gli episodi degli ultimi giorni fossero l’iniziativa di qualche improvvido colonnello locale. L’ammissione di Netanyahu dimostra che si tratta di un suo grave errore politico. A prescindere che possano esserci vittime, la forzatura israeliana rispetto alla ridislocazione di Unifil è una violazione palese delle regole che ogni Stato membro delle Nazioni Unite dovrebbe rispettare. Non c’è da sorprendersi: sono violazioni che fa anche la Russia. Ma se gli israeliani dovessero insistere, potrebbero innescare reazioni con conseguenze pratiche per Israele. Il supporto Usa non è scontato. Se la situazione degenera, a Washington qualcuno potrebbe chiudere i rubinetti».

(intervista a cura di Sara Miglionico)