Basta giustizia mediatica: se il pm commette abusi il processo si faccia altrove
Intervista di Enrico Costa a Il Dubbio.
"È il lato oscuro del processo penale. Se ne parla poco ma è tempo di farci i conti: nel nostro sistema la presunzione di innocenza è ignorata. Ne discende una lunga serie di abusi, e di vittime. Basti pensare alle centomila persone assolte in primo grado, e che però hanno patito arresti, discredito, gogna mediatica. È tempo di intervenire: e con una ministra dalla sensibilità di Marta Cartabia è possibile».
Enrico Costa ha un’altra riforma penale pronta. «Un contributo alla discussione», lo definisce. Viceministro quando a via Arenula c’era Andrea Orlando, deputato e responsabile Giustizia di Forza Italia fino a pochi mesi fa, ora anche dalle file di Azione resta il punto dei riferimento dei garantisti alla Camera. La guardasigilli si riferisce innanzitutto a lui, quando nel proprio discorso alle commissioni Giustizia, ringrazia coloro che hanno ritirato gli emendamenti sulla prescrizione, e favorito così un lavoro comune nella nuova maggioranza. «Adesso però non c’è solo la prescrizione. Si deve intervenire per evitare che, come Cartabia pure ha ricordato, l’uso mediatico e improprio delle indagini continui a rendere ingiusto il nostro processo".
Proporrà emendamenti al ddl Bonafede?
Il primo emendamento è già depositato nella legge di delegazione europea. Riguarda la presunzione di non colpevolezza, di cui una direttiva dell’Unione reclama il rispetto: va applicata. Mi dicono che quella legge è urgente e che non va modificata: si deve evitare di riportarla in Senato. Spero non sia un pretesto. Posso accettare il discorso a condizione che mi si dica in quale vettore normativo va introdotta la norma che dovrà recepire il vincolo europeo sulla presunzione di innocenza.
Ma in cosa può tradursi una norma simile?
Deve consistere in una delega a intervenire su molti aspetti, ma io ho già pronte anche le proposte per i successivi decreti delegati. La prima? Vanno regolate le conferenze stampa delle Procure. Innanzitutto: per quale motivo si devono veicolare visioni assertive sulla colpevolezza dell’indagato? Avete mai sentito un procuratore usare formule del tipo "risulterebbe dalle indagini" o "secondo le nostre valutazioni…"? No. Dicono: "Sono colpevoli, abbiamo sgominato una rete, si sono resi responsabili dei seguenti reati…". Il cittadino comune non ha la sottigliezza per distinguere fra magistrato requirente e giudice: capisce solo che per lo Stato quel cittadino è colpevole. E così al presunto innocente hai già distrutto la vita.
Ma come si impedisce tutto questo?
Mi faccia finire. Non vanno bene i video diffusi dalle Procure o dalle forze di polizia per illustrare le indagini, né i nomi suggestivi dati alle inchieste. Non è accettabile la divulgazione delle intercettazioni e trovo sbagliata la norma dell’ultimo decreto che consente di pubblicare le ordinanze cautelari, con dentro i brani captati. Parliamo di accuse brutalmente e pubblicamente scagliate su chi è solo indagato, accuse dalle quali non si è mai avuta possibilità di difendersi davanti a un giudice terzo. Oltretutto, ogni anno ci sono trentamila arrestati per esecuzione di ordinanze cautelari, almeno il 20 per cento delle quali contro legge. È assolto il 50 per cento di chi va a dibattimento, il 69 per cento di chi si oppone a un decreto penale di condanna. Servono misure serie.
Lei quali ha in mente?
In casi estremi dovrebbe intervenire la rimessione del processo. Il fascicolo passa ad altro ufficio, ad altra sede giudiziaria. Non si può assistere alla continua negazione del principio che impone la cosiddetta verginità cognitiva del giudice: mediatizzare le indagini crea una pregiudizio, un condizionamento in chi deve valutare tesi e richieste dell’accusa. Si deve intervenire anche su altro. Le misure cautelari in carcere vanno limitate ai casi in cui sono davvero motivate e necessarie. Ci sono 8mila persone in cella perché in attesa del giudizio: va introdotta la regola del contraddittorio anticipato.
Cosa comporta?
L’interrogatorio deve precedere l’arresto. Perché tenere in carcere per giorni una persona prima di sentirla, se l’interrogatorio può far emergere elementi che ne dimostrano l’estraneità? Salvo i casi in cui c’è reale pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, come si fa a presumere che la persona può reiterare la condotta illecita, se si tratta di un incensurato? E ancora: il processo stesso è una pena. Il rinvio a giudizio ti cambia la vita. Va perciò modificata la regola dell’udienza preliminare: si deve mandare qualcuno a processo se esiste un’alta probabilità di pervenire a una condanna. Ora invece basta che il pm abbia carte sufficienti per sostenere un’accusa in giudizio: vuol dire che se lui stesso ha dei dubbi, usa il Tribunale per liberarsene. Risultato: 100mila assolti in primo grado. Ma sono 100mila assolti che sono stati a dibattimento per 3 o 4 anni, dopo altri 2 o 3 di indagini. Un tempo in cui la tua vita di innocente è stata comunque compromessa. Tanto più che la durata del procedimento vanifica l’effetto dell’assoluzione sulla tua credibilità, sulle tue relazioni private e sociali.
È un’altra idea di processo penale: chi è disposto a condividere con Azione una riforma simile?
Credo che la maggioranza sarebbe disponibile a seguirci. Ho ottenuto che in legge di Bilancio entrasse la norma sul ristoro delle spese legali per gli assolti: sembrava impossibile. Può passare anche una ristrutturazione della fase preliminare compatibile con la presunzione di non colpevolezza. Dietro la prescrizione di Bonafede c’è l’idea per cui, in ultima analisi, se la macchina processuale si rivela inefficiente se ne scarica il peso sull’imputato. Non bastano sanzioni come l’avocazione delle indagini dormienti da parte delle Procure generali, inserita nella riforma Orlando. Sa quante se no contano nell’ultimo anno? Su un milione e 300mila procedimenti penali iscritti, ci sono state 65 avocazioni. Ridicolo.
Ha appena chiesto di cambiare le regole sull’acquisizione dei tabulati telefonici: perché è così urgente?
Una sentenza della Corte di giustizia Ue ci ha ricordato che i tabulati contengono informazioni dettagliatissime, intrusive, sulla vita e le relazioni di una persona, e che non si può lasciare alle Procure la libertà di chiederle alle compagnie telefoniche: deve esserci invece, dice la Corte Ue, l’autorizzazione di un giudice terzo o di un’autorità indipendente. Serve un dettagliato elenco dei reati per i quali una misura pesante come l’acquisizione dei tabulati può essere concessa.
È d’accordo con l’idea che a emendare i ddl sul processo siano gli esperti scelti da Cartabia?
Gli esperti sono necessari, quando una proposta va tradotta in un articolato, ma la sensibilità del parlamentare non può essere surrogata. In ogni caso l’attenzione mostrata dalla ministra a un tema come il necessario riserbo nelle indagini supera di gran lunga la non sempre assoluta coerenza garantista di alcuni partiti dell’attuale maggioranza. E proprio la sensibilità della guardasigilli può favorire una svolta che riaffermi la presunzione d’innocenza reclamata dalla Costituzione.