Alla ricerca della bellezza perduta
L’intenzione del Progetto lanciato nel 2016 da Matteo Renzi per valorizzare monumenti e luoghi storici poco noti sta naufragando. Per i 273 interventi sono stati stanziati 150 milioni di euro, ma solo poco più di due sono stati impiegati.
Al museo dell’Infiorata a Spello, borgo-gioiello umbro, spetterebbe un importo di quasi 200 mila euro per la sua valorizzazione. Alla Chiesa di Santa Maria dei Laici, sempre in Umbria ma a Gubbio, sarebbero destinati 156 mila euro. E ancora, per il Mastio rinascimentale di Volterra, altra perla italiana in provincia di Pisa, sono stati messi a disposizione 330 mila euro, e il museo del Tesoro della Cattedrale a Pavia, invece, dovrebbe ricevere una dote di 120 mila euro.
E pensare che queste sono tra le cifre più basse. A Rosciano, provincia di Pescara attendono due milioni di euro per il castello. Una somma consistente per esaltare il prestigio della millenaria fortezza etrusca. Stessa somma prevista per l’Ex ammasso del Grano, a San Daniele Po nel Cremonese. La lista potrebbe durare a lungo, fino a raggiungere 273 opere. Perché era nato così il Progetto Bellezz@, con l’ambizioso obiettivo di "recuperare i luoghi della cultura dimenticati". Chiese, edifici, castelli, musei: luoghi meno noti, di pregio culturale, da arricchire con nuovi servizi e lavori di restauro. Insomma, un miglioramento complessivo delle strutture.
Come è finita? Al solito modo: ci si è dimenticati di quei luoghi e si sono perse le tracce del progetto. Con buona pace dei fondi stanziati e non spesi per innumerevoli disguidi. In ogni caso, si tratta di eterne questioni legate alla mancanza di organizzazione e alla montagna burocratica da scalare.
L’iniziativa era stata lanciata in pompa magna nel 2016 da Matteo Renzi, all’epoca presidente del Consiglio. "La bellezza salverà il mondo: è una frase bella, appunto, affascinante. E che ha avuto tanta fortuna: l’abbiamo ascoltata e magari anche proferita chissà quante volte e in chissà quante situazioni" recitava il Rottamatore sul proprio sito, illustrando l’iniziativa.
Peccato che, a distanza di 5 anni, siano cambiati quattro governi, con Dario Franceschini tornato alla casella di partenza di ministro della Cultura, ma di bellezza se n’è vista ben poca. I fondi sono impantanati: su un totale di 150 milioni programmati, al momento poco più di 2 sono arrivati a destinazione. Eppure sono stati ammessi al finanziamento, fino a esaurimento del budget, ben 273 progetti. Insomma, tutto molto bello. Ma solo nelle intenzioni.
A esprimere chiaramente il flop è stato lo stesso ministero della Cultura che ha messo nero su bianco numeri che sanciscono il fallimento dell’iniziativa: "Allo stato, sono stati adottati due Dpcm che hanno disposto l’ammissione di 42 interventi alla successiva fase di stipula delle convenzioni con il ministero della cultura".
Di fronte a un quadro così deludente, il deputato di FacciamoEco, Alessandro Fusacchia e il parlamentare di Azione, Nunzio Angiola, hanno presentato un’interrogazione per chiedere chiarimenti. "Risulta che la grandissima parte dei progetti selezionati non ha ancora ricevuto alcuna tranche dei finanziamenti previsti, e alcuni Comuni non abbiano nemmeno ricevuto riscontri dalla presidenza del Consiglio dei ministri, in merito alle tempistiche di sottoscrizione della convenzione tra le parti" denuncia l’atto depositato alla Camera.
Il ministero, però, ha fatto rimbalzare le responsabilità su Palazzo Chigi. Nel testo di risposta all’interrogazione viene specificato che "l’individuazione degli interventi da attuare è in capo alla presidenza del Consiglio dei ministri e che la fase decisionale e di valutazione dei progetti viene svolta dall’apposita Commissione per l’attuazione del Progetto Bellezz@, incardinata presso la Presidenza medesima".
Quindi la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, che ha risposto all’atto parlamentare, è entrata nel dettaglio delle cifre. Nel settembre 2019 "sono stati ammessi a finanziamento 20 progetti, per un totale di 11 milioni di euro di finanziamento complessivo".
Successivamente, a febbraio 2021, sono stati approvati altri 22 progetti, per ulteriori 16,8 milioni di euro. Sommando i due stanziamenti si arriva a malapena a 28 milioni di euro, meno di un quinto del budget previsto. E non è il solo problema, perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il disciplinare, documenti senza cui non arriva alcun finanziamento. Ancora una volta i numeri sono impietosi: finora è stato effettivamente erogato un importo complessivo di appena 2 milioni e 200 mila euro. Poco più del’’1 per cento.
Dal Mic spiegano che i ritardi sono connessi a "mancati invii di documentazione, impossibilità da parte dei degli enti attuatori di acquisire documenti, profili problematici circa interventi aventi a oggetto beni non di proprietà pubblica e durata delle convenzioni stipulate tra soggetti aprivati e gli enti attuatori degli interventi". Del resto, che le cose non stessero proseguendo spedite era evidente da tempo.
La cronistoria burocratica è impietosa. Nel 2016 Renzi aveva lanciato il progetto. Ma la commissione per selezionare le richieste si è insediata a Palazzo Chigi solo nel giugno 2017, mentre a dicembre è arrivato l’elenco delle 273 opere promosse. Un anno dopo, a dicembre 2018, sono state pubblicate le linee guida per l’invio della documentazione necessaria alla stipula delle convenzioni.
Finita qua? Per niente. Solo a marzo 2019 sono stati nominati i componenti della commissione preposta all’attuazione. Quindi, ancora a settembre sono stati prorogati i termini per l’invio del materiale necessario. Un’odissea sfociata ai giorni nostri con i risultati che non necessitano di ulteriori aggiunte.
Ma come si è arrivati a questo punto? "C’è un concorso di colpa. È mancata la capacità di affrontare e dare risposte ai problemi organizzativi che si presentavano di volta in volta, i rischi che il progetto potesse deragliare e le nuove idee sul lavoro da svolgere. Abbiamo notato carenze nella definizione di requisiti e dei documenti da rilasciare per rispondere agli obiettivi del bando" spiega a Panorama Nunzio Angiola.
Il risultato è uno sfregio alla possibilità di rilanciare alcune bellezze meno note del Paese. Così, il recupero dei luoghi dimenticati è una paradossale conferma: il progetto per farli rifiorire è finito nel dimenticatoio. Con la conseguenza che di bellezza ne resta davvero poca.