Azione deve essere lievito anziché colla

Notizie
11/07/2022

L'editoriale di Matteo Richetti. 

Solo alcuni mesi fa, a conclusione dei lavori del nostro primo congresso nazionale fondativo di Azione, ebbi modo di spiegare perché non avremmo dovuto perdere tempo nella costruzione di aggregazioni con sigle politiche riferibili al variegato mondo moderato, quanto piuttosto costruire alleanze, dialogo e relazione con quella crescente parte di elettorato che, insoddisfatta, si rifugia nell’astensionismo.

Per un progetto come il nostro, nato da una sempre più evidente insufficienza delle proposte politiche in campo, è molto più logico e naturale riaffermare il principio della necessità di un nuovo inizio, un sentiero nuovo per la politica italiana, in grado appunto di riportare fiducia e credibilità che possano riavvicinare gli elettori al voto, piuttosto che tentare di incollare sigle (sia chiaro rispettabilissime) in un improbabile patchwork moderato.

Insomma per usare una metafora Azione deve essere lievito piuttosto che colla.

Del resto non credo che gli elettori che stanno rifiutando perfino la scelta elettorale lamentino assenza di moderazione, quanto piuttosto l’assenza di radicalità, serietà, coerenza: dal coraggio di andare fino in fondo alle decisioni necessarie, alla determinazione di compiere scelte impopolari, alla chiarezza di dire ciò che si pensa e conseguentemente fare ciò che si dice. Insomma la critica alla politica è profonda, strutturale, esistenziale.

Questo dibattito tutto sviluppato all’interno del ceto politico, relativo al grande centro (un grande tutto da dimostrare) mi convince della correttezza della tesi che ho esposto al congresso e quindi che per Azione sia necessario girare alla larga anni luce dal politicismo di questi giorni.

Voglio essere chiaro: nessuna supponenza e nessuna idea di superiorità, ogni percorso è legittimo e degno di rispetto, ma rivendico con forza l’idea che non basta aggiustare il presente per superare incoerenze del passato e rischi di contraddizione per il futuro.

Azione ha scelto la ferma opposizione al populismo quando molti altri raccontavano l’alleanza con questi come necessaria per la sicurezza del Paese.

Azione ha formulato e formula proposte chiare, nette, radicali: dalla detassazione per i giovani (tutti gli altri hanno bocciato il nostro emendamento in occasione dell’ultima legge di bilancio, ovviamente continuando a definirsi partiti che guardano alla nuove generazioni senza però muovere un dito), alla recente sul nucleare (proposta forte, che divide, dove tutti gli altri preferiscono il confortevole spazio dell’ambiguità e i poco impegnativi slogan “tutto green”, “tutto pulito”, “tutto sostenibile”)

La politica italiana è spietata e ti mette davanti ad un bivio: scegli le attuali coalizioni e ti accodi alle ipocrisie delle loro parole d’ordine, oppure decidi di fare sul serio, non fare sconti a nessuno a partire da te stesso e ti ritrovi inevitabilmente solo.

Guardate Roma: per vincere devi fare una campagna elettorale in cui neghi il termovalorizzatore, noi abbiamo deciso per serietà di essere espliciti e prevederlo nel programma, Gualtieri ha ironizzato, fino a quel supponente bullismo di chi irride, oggi lo annuncia con la fierezza di chi ha raggirato gli elettori. E mentre tutto il Pd plaude alla scelta del termovalorizzatore di Gualtieri, senza nemmeno arrossire confermano l’alleanza strategica con Conte che vuole invece bloccarli in tutta Italia.

Questa è la sintesi della politica italiana, inscalfibile, immodificabile, imperturbabile. Replicabile con esempi altrettanto disarmanti nel campo della destra sui temi del mercato, dell’europeismo, del fisco.

Serve una strada nuova, non qualcosa a metà di questa desolazione. Aperta e inclusiva, ma non disponibile a cambiare approccio, idea, forma. Perché altrimenti si ricomincia daccapo.

Lievito, serve lievito che faccia crescere una passione civica forte, un rigore che prima che nei conti si metta nelle coscienze, una ossessione per l’interesse generale, il bene comune che scalzi un individualismo sempre più preoccupante. Che sta in quell’idea di popolarismo che ruota attorno all’idea di persona, di diritti e doveri, di contrasto alle disuguaglianze, di lavoro come diritto e non come alternativa al sussidio.

Idee che entrambi i poli hanno abbandonato, perché non perdere l’alleato di turno viene prima di non perdere la propria identità e i propri valori.

Azione è nata per questo e per questo deve lavorare ogni giorno.

Matteo Richetti.