Bene il monitoraggio su cereali, ma non si decide in questo modo
Angiola e Madeo: "Il Governo dimostra ancora una volta di non avere rispetto per l’Italia che produce e lavora".
Sull’art. 1, comma 139, della legge di Bilancio per il 2021, il quale prevede che “chiunque detenga, a qualsiasi titolo, cereali e farine di cereali, è tenuto a registrare, in un apposito registro telematico istituito nell’ambito dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), tutte le operazioni di carico e scarico”.
Le iniziative volte ad aumentare la trasparenza all’interno della filiera cerealicola sono utili e opportune, perché migliorano la sicurezza alimentare e tutelano gli agricoltori che producono grano. Tuttavia, ancora una volta la politica gioca sulle divisioni dei comparti agroalimentari, alimentandole per un puro tornaconto elettorale. L’agroalimentare marchiato Made in Italy deve imparare a navigare nei mercati aperti e globalizzati, nei quali può far valere i suoi punti di forza, e per farlo deve imparare a rimanere compatto, producendo qualità e facendo massa critica, tutelando le aspettative economiche di tutti i soggetti coinvolti nella filiera.
Si è registrata una levata di scudi da parte del comparto industriale. Mentre il mondo agricolo accoglie con molta timidezza la riforma, le associazioni di categoria appartenenti al mondo industriale hanno bocciato totalmente la misura. I motivi sono tra i più disparati, dall’aumento della burocratizzazione del sistema aziendale all’instabilità dei mercati determinata dalla percezione della dubbia trasparenza delle fasi di trasformazione, per non parlare della discriminazione rispetto alle altre filiere agroalimentari.
Bisogna partire da un tavolo tecnico all’interno della Commissione Agricoltura, partecipato da tutti i soggetti della filiera coinvolti. L’inserimento dell’emendamento a prima firma Cillis (M5S) all’interno della legge di Bilancio, senza una preventiva discussione politica e amministrativa, non ha alcun senso se non quello di far passare sottotraccia un argomento sicuramente importante. Possiamo trovare una strada da condividere all’unanimità che può garantire in primis i consumatori, poi gli agricoltori e gli imprenditori della prima trasformazione. Allontaniamo da noi la logica che all’interno della filiera agroalimentare italiana non sia possibile cooperare, in modo da soddisfare gli interessi economici di tutte le parti coinvolte. La globalizzazione e l’apertura dei mercati ci impongono di fare squadra e di affrontare la nuova sfida tutti insieme navigando sulla grande nave del “Made in Italy”. Dobbiamo smetterla di proporre soluzioni che separano e non uniscono, soluzioni che scaricano i problemi sui soggetti più deboli della filiera agroalimentare, sia che siano agricoltori, sia che siano industrie della trasformazione.
Gran parte di questi problemi possono essere superati, senza intaccare l’obiettivo della riforma, unendo le forze invece di giocare al massacro, come si è sempre fatto, tra i vari componenti della filiera agroalimentare. Il sistema agroalimentare in toto è concorde nell’affermare che il provvedimento è stato adottato senza coinvolgere in alcun modo le categorie interessate e in modo irrituale, con un emendamento alla Legge di Bilancio, anziché con una proposta di legge ad hoc, costruita all’interno della Commissione Agricoltura, sulla tutela del Made in Italy che avrebbe consentito una discussione ampia e aperta a tutte le parti interessate. Persino la copertura finanziaria messa a disposizione, 1.000.000€, appare una elargizione simbolica e certamente insufficiente a presidiare interventi di questa portata sul settore cerealicolo italiano.
Questa maggioranza, già abituata a disprezzare le prerogative parlamentari con l’apposizione di svariate questioni di fiducia (siamo giunti alla ventottesima), agisce in modo maldestro e irriguardoso, mostra ancora una volta di non avere rispetto per l’Italia che produce e lavora.
Nunzio Angiola, deputato di Azione, e Francesco Madeo, Responsabile Agricoltura di Azione.