Calenda: “Tavolo Governo-opposizioni per un piano da 20 miliardi”
"L'Italia non può permettersi un'altra crisi dopo quella del 2008-2013 che ha spazzato via un quarto della nostra base manifatturiera. Ricordo che solo nel 2009 il calo dell'export mondiale superò il 12% e quello italiano il 20%. Le emergenze in questo momento sono due: quella sanitaria e quella economica, e vanno affrontate insieme. Servono risposte immediate, ora e non fra sei mesi quando sarà troppo tardi, per fermare il crollo del Pil”. Per l’ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, uscito dal Pd alla formazione del governo giallo-rosso perché contrario all’alleanza con il M5S, la risposta al lato economico all’emergenza Coronavirus è quasi inesistente. "L'annunciata manovra da 3,6 miliardi non solo è una risposta debole, ma purtroppo irrilevante", dice il leader di “Azione”. Che lancia un piano shock da 20 miliardi per mettere in sicurezza da subito Pil e imprese ("nella maggior parte del Nord la catena è già interrotta"). È una proposta che Calenda sta condividendo con le forze politiche che non stanno al governo – da Lega a Forza Italia, da Più Europa a Fratelli d'Italia – e che vuole essere il contributo dell’opposizione all’emergenza nazionale.
Una sorta di governissimo per evitare la grande crisi, Calenda?
Lascerei perdere le idee di cambiamento del governo in corsa che sono oggettivamente, in un momento di emergenza nazionale, molto complicate. Quello che serve è un tavolo di coordinamento tra le opposizioni e la maggioranza. Occorre che questo governo non pensi di essere autosufficiente in questa situazione, perché non è possibile, e che i partiti di opposizione non siano tentati dal "tanto peggio tanto meglio". Solo così il governo Conte può essere davvero il governo dell’emergenza nazionale.
Quali sono le priorità per il sostegno alle nostre imprese?
Bisogna agire subito su tre leve: assicurare la liquidità delle nostre imprese, dalle Pmi alle grandi aziende, con una moratoria di 12 mesi per il pagamento dei debiti verso gli istituti di credito e con il raddoppio del Fondo centrale di garanzia; rafforzare e semplificare il ricorso alla Cig ordinaria prevedendone l’attivazione mediante semplice dichiarazione da parte del datore di lavoro e per tutti i lavoratori non coperti dalla Cig per mettersi il ricorso a permessi retribuiti a carico dell’Inps; riaprire la leva degli investimenti pubblici introducendo deroghe a carattere ordinario per le grandi opere e l’immediato ricorso all’istituto del commissariamento, sul modello del Ponte Morandi, per le opere strategiche. Bisogna inoltre alleggerire subito il carico fiscale delle imprese nelle tre regioni maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria (Veneto, Lombardi e Emilia Romagna) anche con una riduzione del 50% degli acconti fiscali Irap e Ires da versare nell’anno 2020.
E sul fronte degli investimenti privati, anch’essi fortemente a rischio con l’emergenza?
Penso sia importante ripristinare integralmente l’iperammortamento e il superammortamento di Impresa 4.0 con aliquote indifferenziate per dimensione degli investimenti ed estendere ad almeno tre anni il periodo di validità degli incentivi. Occorre poi includere negli investimenti ammessi quelli legati all’economia circolare e alla decarbonizzazione, alla innovazione ambientale e alle tecnologie abilitanti lo Smart working.
Lei propone anche l’assunzione di nuovo personale negli ospedali.
Oltre al rafforzamento delle terapie intensive e sub intensive è necessario aumentare di 2.500 unità i posti di rianimazione e raddoppiare i posti in terapia subintensiva. Vanno poi assunti, e per la verità sarebbe già dovuto accadere prima dell’emergenza Coronavirus, 8 mila medici (2,6 miliardi in 5 anni) e 35 mila infermieri (4,4 miliardi in 5 anni).
Si tratta di una manovra economica di circa 20 miliardi complessivi… Come pensa si possano trovare le coperture? O è necessario secondo lei agire in deficit?
Dipendesse solo da me finanzierei le misure con l’abolizione del reddito di cittadinanza e di quota 100. Ma è chiaro che le misure sono emergenziali e vanno decise subito, non c’è tempo. Agire in deficit e poi aprire la trattativa con la Commissione europea. Ed è chiaro che il governo sarebbe più forte di fronte a Bruxelles se avesse dietro di sé l'appoggio di tutte, o quasi, le forze politiche.
Intervista di Emilia Patta pubblicata su Il Sole 24 Ore .