Il repubblicanesimo è l’antidoto al bipopulismo

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08/08/2023

L’editoriale di Carlo Calenda su Linkiesta

Il superamento di questa destra e di questa sinistra, del loro esistere unicamente come fattori di un’equazione che ha prodotto zero per il paese, è il repubblicanesimo. Repubblicana è l’idea che la politica sia innanzitutto capacità di realizzare l’impianto ideale della prima parte della costituzione: 1) l’intangibilità dei diritti politici; 2) l’esistenza di diritti sociali – lavoro, sanità istruzione; 3) la libertà nella sua accezione “positiva”. Non libertà come esclusiva mancanza di intrusione dello Stato ma come libertà dal bisogno per l’esercizio consapevole della libertà politica e sociale. 4) sussidiarietà. Ovvero riconoscimento del ruolo dell’individuo e delle sue azioni e intraprese come complementare e non subordinato all’iniziativa pubblica. 5) doveri civici.

La Costituzione è un compromesso tra culture politiche diverse, molto diverse, eppure capaci di concepire una carta dei valori comune. Per questo nel repubblicanesimo c’è anche un’indicazione di metodo, quella del confronto pragmatico e non dello scontro ideologico. Il pensiero repubblicano non coltiva lo Stato etico ma non cancella il valore dell’etica pubblica. È garantista ma non indifferente ai comportamenti, dignitosi e onorevoli, della classe dirigente. Ethos e libertà nel compromesso repubblicano si sostengono non si annullano. 

Tenendo ferma la barra sui valori democratici liberali, questo compromesso include popolari e socialdemocratici riformisti in nome di un approccio profondamente umanistico, rispetto al determinismo storico e alla dimensione esclusivamente economica dell’uomo, professata da marxisti e liberisti ideologici. Repubblicanesimo non è centrismo, ma riformismo idealista e tuttavia anti ideologico. 

L’agenda di un repubblicano oggi è innanzitutto la ricostruzione dei tre diritti sociali fondamentali: istruzione, sanità e lavoro dignitoso. Da Stuart Mill in poi è sempre stato evidente a tutti i pensatori liberali che, se il progresso fosse andato più velocemente della capacità delle persone di comprenderlo (istruzione), le democrazie sarebbero cadute. Ed è esattamente quello che sta accadendo. L’Europa è frutto di questo pensiero. È, per dirla con Riccardo Perissich, una costruzione centrista pensata da liberali e popolari e accettata poi dai socialdemocratici. 

La funzione del repubblicanesimo oggi è la chiusura una volta per tutte della “guerra dei coriandoli” (annunciata ma mai combattuta) che ha caratterizzato la seconda Repubblica.

Mario Draghi ha, per la prima volta nella nostra storia, pienamente incarnato quel pensiero e quel metodo. Il punto oggi è portare gli italiani a votare questo pensiero, e non ad appellarvisi quando la politica fallisce. 

La situazione dell’Occidente è pericolosamente simile a quella dei roaring twenties. I divari economici, sociali e culturali sono aumentati a dismisura. Il distacco dai doveri civici (in primo luogo il voto) aumenta. Se non invertiamo questa tendenza i totalitarismi si riaffacceranno con volti nuovi ma costumi antichi. Questo è ciò che accade ogni volta in cui la velocità del progresso, il cambiamento dei costumi e l’emergere di disuguaglianze determinano uno “sradicamento” dell’uomo dalla sua identità. 

Compito dei democratici, dei liberali, dei riformisti e dei popolari, riuniti dal pensiero e dai valori repubblicani, è fermare questa deriva. Whatever it takes

(Editorale disponibile qui)