L’unica vera alternativa alla riforma è il cancellierato tedesco

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06/11/2023

L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera 

Carlo Calenda, come giudica la riforma Casellati?
«La prima cosa che mi salta agli occhi è il fatto che teoricamente una coalizione che prende il 30 per cento va al governo con un maxi premio di maggioranza. Per capirci: nella scorsa legislatura avremmo avuto Luigi Di Maio al governo per cinque anni e l’Italia non sarebbe sopravvissuta. Ma al di là di tutte le obiezioni (e sono molte) che possono essere sollevate su questa riforma, il problema di fondo è un altro».

Ossia?
«In Italia ci sono tre cose che non funzionano: il ruolo del Parlamento, cioè il bicameralismo, il federalismo e la pubblica amministrazione. E questa riforma parla d’altro, non riguarda il buon funzionamento dello Stato. È una legge che riscrive le regole di un gioco di società tutto interno alla politica. Ciò premesso, mi sento di dire a Giorgia Meloni: perché non lavoriamo piuttosto sul modello tedesco?».

Cioè quello che piace alle opposizioni...
«Si tratta di un modello molto consolidato e che, dal ‘90, ha prodotto quattro cancellieri invece dei nostri quattordici presidenti del Consiglio, e dieci governi invece dei nostri ventidue esecutivi. Invece di andarci a inventare dei modelli mai visti e mai sperimentati nel mondo, perché non possiamo optare per quello che, peraltro, dà anche il potere al cancelliere di scegliersi i ministri?».

Una delle critiche che vengono fatte a questa riforma riguarda il ridimensionamento del capo dello Stato...
«Oggi il presidente della Repubblica è legittimato dall’elezione parlamentare come il premier e ha il potere, con la sua moral suasion, di evitare o arginare gli errori compiuti dalla politica. Inoltre gioca un ruolo da arbitro. Tutto questo con la riforma non ci sarebbe più e si aprirebbe la strada a una serie di continui conflitti».

Quali conflitti?
«Conflitti tra il premier e il presidente della Repubblica, che se tentasse di porre argine agli errori della politica verrebbe attaccato perché non è legittimato come il capo del governo da un voto popolare».

Calenda, secondo lei il centrodestra porterà veramente avanti questa riforma?
«Certo, perché è una grande arma di distrazione di massa. Il governo non riesce a occuparsi dei problemi veri del nostro Paese, la politica industriale, il Pnrr... e quindi la butta, per così dire, in caciara».

Matteo Renzi sostiene che nel programma del Terzo polo c’era l’elezione diretta del premier e che lei ha cambiato idea.
«Io non ero d’accordo nemmeno allora. Dovevamo mettere in piedi una coalizione, per Renzi quella era una condizione irrinunciabile e quindi alla fine l’abbiamo messa nel programma, come abbiamo inserito anche il salario minimo, che invece era importante per noi, e che adesso Matteo disconosce. E poi vorrei aggiungere un’annotazione a proposito di coerenza: con questa riforma Renzi non sarebbe mai stato presidente del Consiglio, non avrebbe potuto fare il governo Conte II e non avrebbe potuto farlo cadere dopo. Diciamo che non sarebbe esistito politicamente».

Calenda, teme questa riforma?
«Io sono preoccupato perché abbiamo diverse crisi internazionali in corso e Meloni invece di cercare di tenere unito il Paese e di rappresentarlo tutto ci sta facendo tornare ai guelfi e ai ghibellini. Questa riforma è un pezzo della strategia che mira a dividere gli italiani. Questo sì che mi fa paura perché il bipolarismo all’italiana non ha funzionato, anzi ha danneggiato il Paese che ha perso posizioni in tutti gli indicatori economici, sociali e culturali. Andando avanti di questo passo non si arriva da nessuna parte e alla fine la stessa Meloni verrà travolta come è successo a Salvini o al Movimento 5 Stelle. Perciò io chiedo alla presidente del Consiglio di fermarsi e di discutere tutti insieme delle riforme di cui ha bisogno il Paese. Esaminiamo il modello tedesco, rivediamo l’autonomia differenziata. Facciamo una riforma che abbia un senso e non un patchwork di riforme che rischiano di rendere l’Italia ancora più ingovernabile».

(Intervista a cura di M.T. Meli disponibile qui)