Un patto con gli elettori come via d’uscita per il Paese

Notizie
13/12/2023

L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera

«La politica? Un fight club in cui sfoghiamo le nostre frustrazioni e che negli ultimi trent’anni non ha prodotto nulla». Carlo Calenda ha appena pubblicato un libro, il Patto, in cui cerca di delineare la «sua» via d’uscita per l’Italia.

Lei dipinge una situazione a fosche tinte. Come se ne esce?
«Facendo un patto chiaro con gli italiani su ciò che possiamo permetterci e ciò che non possiamo fare. Non votando chi promette di tutto e si rimangia ogni promessa. Cercando persone che hanno competenze gestionali perché qui non riusciamo mai a far accadere nulla».

Intanto gli italiani aspettano…
«Intanto quasi un venti per cento di persone non sono libere, nell’accezione dell’art 3 della costituzione o perché non ricevono un’istruzione adeguata o perché non riescono a curarsi se non a spese loro o perché ricevono salari da fame. Lo Stato deve smettere di fare tremila cose ma occuparsi di queste tre e metterci tutte le risorse disponibili».

Lei propone un patto repubblicano con gli italiani.
«Sì, un patto con gli elettori di destra e con quelli di sinistra perché la politica finora sta scontentando tutti. Un elettore di sinistra chiede più servizi pubblici, più salari, più integrazione e non ha avuto niente di tutto questo».

E l’elettore di destra?
«Chiede meno tasse e invece sono aumentate, chiede più controllo sull’immigrazione e quest’anno abbiamo un’immigrazione record. Vuole la riforma della giustizia e non l’avrà e non avrà nemmeno le privatizzazioni».

Il patto riguarderebbe anche la riforma delle istituzioni?
«Certo. Ma per questo è necessaria un’assemblea costituente perché dobbiamo separare la gestione della politica quotidiana dalle riforme sennò non riusciamo a combinare niente».

Non è un po’ utopistica l’idea di un patto?
«E quale sarebbe l’altra soluzione? Il campo largo? Non si può fare ammucchiata di tutti contro Meloni, è una soluzione che dura tre giorni, non sono d’accordo su nulla. Dobbiamo riuscire a prendere voti sufficienti per obbligare i partiti a stare su un’agenda chiara. Altrimenti in breve tempo andremo alla ricerca di un nuovo Monti o di un nuovo Draghi. Ma per convincere gli elettori ci vuole obiettività. Il che significa che se Schlein presenta una finanziaria che richiederebbe 24 miliardi di euro di più senza dare spiegazioni sulle coperture, uno le dice “guarda questa è una presa in giro degli elettori” e se la Meloni non approva il salario minimo la inchiodi su questo perché quando era all’opposizione lo aveva proposto lei, mentre se fanno cose giuste le appoggi e le voti».

Nel frattempo centrosinistra e centrodestra litigano sul Mes.
«Meloni accusa la sinistra di una cosa vera».

Cioè ?
«Cioé, il governo Conte due non ha preso il Mes e non lo ha ratificato. Ma anche la sinistra accusa Meloni di una cosa vera. Ha fatto una giravolta sul Mes. Ma nessuno dice “si abbiamo sbagliato”, adesso approviamolo e chiudiamo questa pantomima».

Ma alla fine, secondo lei, Meloni ratificherà il Mes?
«Ma sì, dirà “ho ottenuto un meraviglioso patto di stabilità”, che poi sarà quello che vuole la Germania con tre anni di bonus, perciò adesso possiamo ratificare il Mes. Lo sappiamo tutti come finirà».

La manovra sembra arrancare più che procedere.
«La faremo all’ultimo secondo utile perché non ci saranno i soldi sul Ponte dello Stretto ma devono far finta di averli. Dopodiché non si spendono otto miliardi di infrastrutture per la Sicilia che sono lì da anni. Sempre e solo chiacchiere: se non riesci a fare una strada in Sicilia come accidenti riesci a fare un ponte? Comunque, ripeto, faremo la Finanziaria. E faremo un taglio delle tasse provvisorio che non cambierà la vita dei cittadini perché ci saranno una serie di piccole tasse la cui somma sarà più alta della tassa che hai tagliato».

Lei parla di patto repubblicano ma a sinistra c’è chi teme che il fascismo sia alle porte.
«Siamo seri, Meloni non riesce a fare l’accordo con la Tunisia e riesce a fare il colpo di Stato?».