Azione come casa dei riformisti

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11/01/2024

L’intervista di Carlo Calenda al Corriere

Carlo Calenda, lei ha attaccato il Pd per il suo voto, anzi i suoi voti, sull’Ucraina...
«Già, ma c’è una storia dietro le mie affermazioni. Martedì abbiamo lavorato per cercare di arrivare a una risoluzione comune tra Pd, Azione, +Europa e Italia viva. Era cosa fatta. Dopodiché, l’indomani mattina, la dirigenza dem ha sentito il richiamo della foresta dei Cinque Stelle e la mozione unica è saltata».

Cioè?
«Schlein e la dirigenza dem hanno il terrore di allontanarsi politicamente dal M5S. Così cade l’ultimo tabù: il Pd vota l’astensione su un’indegna risoluzione dei Cinque Stelle che chiede di interrompere ogni sostegno all’Ucraina, proprio nel momento in cui non solo gli attacchi russi si intensificano, ma Kiev ha un problema di munizioni gigantesco. Conte li vuole lasciare letteralmente disarmati e la dirigenza del Pd si avvita sulla linea dei 5 Stelle».

Non le sembra di esagerare?
«No, nel giro di questi sei mesi ho visto che su tutta una serie di dossier su cui abbiamo cercato di collaborare con il Pd, come è doveroso fare visto che siamo insieme all’opposizione, alla fine è saltato tutto perché, a detta della dirigenza dem, “se non c’è l’accordo dei 5 Stelle”, e non c’era, “non si fa l’accordo”. Ho provato di nuovo a proporre un progetto comune su competitività e crescita, dove il governo non sta facendo nulla, ma anche qui non si può fare niente se il M5S non è al tavolo, e Cinque Stelle e competitività sono due parole che non posso stare insieme. Morale della favola: l’attuale leadership dem si autoesclude da qualunque collaborazione con l’area liberal-democratica per la semplice ragione che ogni volta deve chiedere il permesso al Movimento».

Magari Schlein non vuole «scoprirsi» con i pacifisti...
«Non si costruisce un’alternativa di governo se su tutto si va avanti con i “ma anche”, in modo tale che il Pd sta con l’Ucraina ma anche con il M5S che è contro l’Ucraina. Non mi pare poi che sia una strategia vincente: il M5S sta raggiungendo il Pd nei sondaggi. Ma quello che chi vota dem deve sapere è che ogni proposta che noi abbiamo fatto su crescita, sviluppo, sanità, scuola è finita nel nulla, benché il Pd fosse d’accordo, per il no dei 5 Stelle, che a quel punto ha bloccato anche i dem. La litania che ci sentiamo ripetere ogni volta è: “Ma il M5S deve stare al tavolo, ma il M5S deve essere d’accordo...”. Questa è la prima preoccupazione di Schlein. Anche sull’abuso d’ufficio, nonostante la posizione dei sindaci dem, l’appiattimento è totale e completo».

Ma non è inevitabile che alle Politiche stiate tutti insieme?
«Non esiste proprio. I 5 Stelle sono populisti che possono solo fare male all’Italia. Gente che ha sfiduciato Draghi, bocciato il Mes, flirtato con Trump e la Cina, distrutto l’Ilva e sperperato 150 miliardi di euro. Oggi rilanceremo il manifesto Siamo europei, che nelle scorse elezioni europee sottoscrissero elettori liberali riformisti e tutto il Pd. Era ed è un manifesto chiaramente riformista ed europeista che oggi sembra totalmente estraneo al nuovo Pd».

Dica la verità: alla fine il campo largo è l’unica prospettiva.
«Azione è nata contro il campo largo del Conte 2 e vuole riunire popolari, liberali e riformisti su un’agenda pragmatica e repubblicana per chiudere il bipolarismo che ha distrutto l’Italia. Il contrario del M5S. Con questo voto sull’Ucraina emerge plasticamente che nessuna alternativa che includa i 5 Stelle è possibile. Così come emergerà la contraddizione di una Forza Italia che in Ue sta con noi e con il Pd e qui deve fare la ruota di scorta dei sovranisti. E attenzione, Pd e M5S non andranno mai al governo dell’Italia, perché senza gli elettori riformisti non avranno mai la maggioranza nel Paese e quegli elettori non votano l’agenda Conte. Per questo Azione deve diventare la casa dei riformisti».

Nel Pd al momento del voto alcuni si sono smarcati.
«E sono stati coraggiosi. Anche tra chi non si è smarcato molti la pensano così. Il M5S è anti-occidentale e anti-europeista. E se i dem seguono questa deriva, diventando un partito populista, costola del M5S, significa che il progetto del Pd è finito».

Quindi cosa chiede al Pd?
«Di avere il coraggio di smettere di accodarsi al M5S e di fare un’opposizione seria e riformista. Su questo siamo pronti a dialogare».

(Intervista a cura di M.T.Meli disponibile qui)