No ai sit-in, sì alle proposte
L’intervista di Carlo Calenda al Corriere
Carlo Calenda perché lei non c’era al sit-in davanti alla Rai?
«Perché andare a fare un sit-in da quattordicenni cantando Bella ciao davanti alla Rai senza uno straccio di proposta è una roba da collettivo studentesco».
Veramente il Pd vuole fare una proposta diriforma della governance Rai con tutte le opposizioni...
«Ma non è che tu inizi facendo un sit-in e dicendo poi forse faccio una proposta. Peraltro il Pd sa bene di aver lottizzato la Rai esattamente come la Meloni, quindi deve fare una proposta credibile».
A proposito di Meloni, va avanti sul premierato: almeno su quel fronte le opposizioni adotteranno una proposta comune? Sulle riforme istituzionali, invece, farete qualcosa insieme?
«Il rischio è che Meloni, sapendo che la Lega ha come unico obiettivo quello di indebolirla, punti tutto sul premierato con l’idea di andare subito dopo alle elezioni. Questa è una prospettiva molto pericolosa non solo perché la riforma non sta in piedi, ma perché così per un anno e mezzo ci occuperemo di questo e non delle cose concrete che interessano agli italiani. Perciò lancio un appello a tutte le forze di opposizione: uniamoci almeno sulla questione istituzionale visto che, tranne Italia viva, siamo tutti d’accordo sul cancellierato».
Già, anche i Cinque Stelle.
«La mia impressione è che i Cinque Stelle, cadendo nel gioco degli opposti estremismi, non vogliano presentare una proposta alternativa, ma intendano trasformare il referendum istituzionale in un referendum sul sì o no a Meloni. E così rischiano di trovarsi il premierato e Meloni per altri cinque anni, con poteri maggiori degli attuali»
Non sembra troppo ottimista sulle sorti delle opposizioni.
«Guardi che siamo all’esplosione delle opposizioni. Non si riesce a fare nessun lavoro concreto comune. E con Conte che dice “non sto né con Biden né con Trump”, “non mando le armi in Ucraina”, il rischio è quello di non avere mai un’alternativa di governo. È una situazione che non si risolve, a meno di una frattura all’interno del Pd per cui finalmente i riformisti e i liberaldemocratici si mettono a lavorare seriamente per costruire un’altra cosa»
Ma i riformisti non vogliono uscire dal Pd.
«Fare la minoranza interna a vita è inutile».
Insomma, situazione disperata secondo lei?
«Vuole un altro esempio? Il governo non sta facendo assolutamente nulla. Sulla competitività non riesce ad approvare Industria 4.0. Non riesce a fare nulla sull’energia. Ha una gestione delle crisi disastrosa. Dall’Ilva a Stellantis, su cui Urso sembra pendere dalle labbra di Tavares e Meloni no. Ma adesso Elkann va costretto a sedersi a un tavolo a dirci qual è il piano industriale per Stellantis. Ebbene, in questo quadro ho proposto al Pd di fare una grande iniziativa sulla competitività. E la risposta del Pd è stata: “Abbiamo bisogno dei Cinque Stelle e di Bonelli e Fratoianni”. Ma gli imprenditori non ci vengono con un formato simile perché i rossoverdi e i grillini vogliono la chiusura dell’Italia dal punto di vista manifatturiero».
Tornando al centrodestra, ha visto che Zemmour è entrato nell’Ecr?
«Una roba assurda. Il problema di Meloni è che non riesce a diventare una conservatrice moderna europea perché ogni volta che sente il richiamo della foresta torna indietro. Però è anche vero che il lavoro che ha fatto con Orbán sul pacchetto Ucraina è stato efficace, bisogna ammetterlo con franchezza».
(Intervista a cura di M.T.Meli disponibile qui)