Sulle riforme c’è bisogno di discussioni costruttive
L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera
Carlo Calenda, leader di Azione, come è andato l’incontro con la premier Giorgia Meloni?
«È stato utile per far capire al governo la nostra posizione sulle riforme».
Il punto più importante qual è?
«Il no alpresidenzialismo. Sul presidente della Repubblica abbiamo segnato una linea rossa che non si può varcare».
Lei e anche Italia viva di Matteo Renzi?
«Su questo punto sì».
Su quali punti non siete d’accordo?
«Italia viva, ad esempio, esprime una posizione univoca sul sindaco d’Italia».
E la sua Azione?
«Per noi è un modello possibile e auspicabile ma non è l’unico per dare stabilità e forza all’esecutivo. Si può fare come in Germania dove è prevista una sfiducia costruttiva e un tempo molto breve entro cui cercare una sostituzione al Cancelliere altrimenti si va a elezioni. Il pro del modello del sindaco è l’investitura popolare, il contro è che in Gran Bretagna, ad esempio, avremmo ancora Boris Johnson e in Italia non ci sarebbe stata la sostituzione Conte-Draghi. Per noi l’importante è che ci sia un’indicazione del candidato premier e che quello poi sia incaricato di formare il governo. Successivamente va alle Camere per la fiducia e si fa la sua squadra, nomina i ministri e può revocarli».
Il no al presidenzialismo è secco. Nessuna apertura sul semipresidenzialismo? La premier Meloni ha fatto notare come in Francia in vent’anni ci sono stati quattro presidenti della Repubblica, cioè quattro capi dell’esecutivo. Non la convince?
«No. Perché noi siamo un Paese di guelfi e ghibellini dove l’unica istituzione in cui ci siamo riconosciuti tutti nel tempo è il presidente della Repubblica».
Con la premier durante l’incontro c’era un’ampia delegazione di governo: ha parlato soltanto lei?
«No, anche il ministro delle Riforme Elisabetta Alberti Casellati».
Per dire?
«Ha fatto notare una cosa importante. Che nel sistema dei sindaci i consigli comunali sono completamente svuotati e, di fatto, contano solo i sindaci. Chiaro è che ogni rafforzamento dell’esecutivo deve accompagnarsi a un bilanciamento dei poteri del Parlamento».
Una vostra proposta è il superamento del bicameralismo. Come è stata accolta?
«La premier non ha chiarito se vuole toccare il bicameralismo. Per noi è importante per imprimere una maggiore efficienza al Parlamento».
Lei quale Camera lascerebbe in piedi?
«Il Senato. È la nostra storia, è diventato un organo centrale nel 509 avanti Cristo. Abolire il Senato per uno come me appassionato della storia romana è un colpo al cuore».
Cos’altro è importante per lei fare per imprimere efficienza all’apparto dello Stato?
«Un tagliando profondo al federalismo. È lì che si intoppa tutto».
Cosa vuole dire?
«Se noi lavoriamo per rafforzare i poteri del premier ma poi l’azione è delegata ai governi regionali è inutile».
Allude alla riforma dell’autonomia differenziatavoluta dal leghista Roberto Calderoli?
«È una riforma che crea molta confusione. Pensiamo soltanto alla possibilità che hanno le Regioni di farsi la loro società per la distribuzione dell’energia elettrica. Un poltronificio che complica tutto. E va nella direzione contraria alla riforma che vuole rafforzare i poteri del premier».
Queste riforme sono un urgenza del Paese? O come dice Elly Schlein sono un metodo per distrarre l’attenzione dai temi fondamentali come il lavoro, la sanità, il Pnrr?
«Sono urgenti, non avremmo cercato di farle anche noi altrimenti. Ma non si possono lasciare indietro temi come il collasso del servizio sanitario, il Pnrr, i redditi. Bisogna andare di pari passo. L’attività delle riforme è molto lunga, non si può fermare tutto».
Questi incontri sotto forma di consultazioni come le sembrano?
«Un modo molto positivo per procedere. Poi bisognerà decidere la forma deliberante, sia una commissione speciale, bicamerale o un’iniziativa del governo. Questo non è stato ancora chiarito».
Avete già sentito le altre opposizioni per discutere?
«No ma le sentirò nei prossimi giorni».
Maria Elena Boschi dice che per Italia viva non è necessario un coordinamento con le opposizioni, tantomeno con i 5 Stelle.
«Quando si discute di riforme istituzionali si parla con il governo e con le opposizioni. Mi sembra scontato».
Questa trattativa comune con Renzi sulle riforme può fare pensare a una riappacificazione?
«Non è questione di riappacificazione: in Parlamento continuiamo a lavorare insieme. Il punto è che non c’era la volontà reale di fare un partito unico. Ho preso atto, ma il lavoro sui contenuti va avanti»
(Intervista a cura di Alessandra Arachi disponibile qui)