Un’alternativa fondata sull’investimento nei diritti sociali

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15/12/2023

L’intervista di Carlo Calenda ad Huffington Post

Carlo Calenda, lei oggi presenta il suo ultimo libro (Il Patto, La nave di Teseo), con Paolo Gentiloni, che prima sarà al seminario sulla politica estera del Pd. È tutto perfetto per un titolo sulla suggestione di Gentiloni come “nuovo Prodi”.

Povero Paolo, non glielo auguro proprio. Mettere insieme partiti che non la pensano allo stesso modo quasi su nulla, dal Mes alla Politica estera! Bisogna volergmale. Questo genere di ammucchiate ha determinato proprio quello che ho scritto nel Patto. Il nulla, per un elettore di sinistra che voleva salari e servizi pubblici e per uno di destra che voleva meno tasse e meno immigrazione.

Beh, però comunque il programma sembra fatto a posta per alimentare le chiacchiere. Scusi, già è stato il suo presidente del Consiglio. Perché non può essere il prossimo candidato premier?

Ed è stato un ottimo presidente. Ma oggi la situazione è completamente cambiata. Il tragico errore della giravolta del Pd sul Conte due, che io e Gentiloni eravamo gli unici due a non volere, ha salvato e rafforzato i Cinque stelle e determinato una rincorsa al populismo di cui la Schlein è il frutto.

Che significa questo ritorno nel Pd delle vecchie glorie, intese come Gentiloni, Letta, Prodi? Stanno dicendo alla Schlein: la ricreazione hippy è finita, ora che si fanno le cose serie ci pensiamo noi.

No. È il tentativo disperato di tenere dentro tutto e il contrario di tutto, senza mai prendere una posizione su nulla. È il perpetuo “ma anche” del Pd degenerato nel “più tutto per tutti” di Landini.

Sarà, però al dunque tornano sempre i democristiani, più che gli ex Pci.

Magari. Ma sono solo anti-destra. E basta. Insieme non potrebbero governare un bar, litigherebbero sul colore dei sottobicchieri. Si dicono di sinistra, ma hanno fatto il provvedimento più regressivo della storia: il superbonus, che consente a ricchi signori di rifarsi la casa a spese di operai e infermieri. Con quei soldi avremmo potuto rimettere a posto sanità e scuola per dieci anni.

Come la vede Elly Schlein? È già sulla graticola e se vanno male le Europee avanti il prossimo?

Schlein non ha alcuna colpa. Fa quello per cui è stata eletta. Concorrenza al populismo dei Cinque stelle. Ma se devi scegliere il populista migliore scegli quello che è stato presidente del Consiglio.

A occhio Meloni e Schlein si candideranno alle Europee. Lei si candida?

Spero di non doverlo fare. Per questo propongo agli altri leader di trovare un accordo. Non ci candidiamo per poi non andare in Ue. Se non accetteranno valuterò, a malincuore.

Lei, lo spiega nel suo libro, non vuole sentire parlare di un nuovo centrosinistra, perché, dice, riproporrebbe lo schema che non ha funzionato negli ultimi trent’anni. Ammucchiate “contro”, ma che poi non governano. Ma l’alternativa, se non è un “nuovo centrosinistra”, quale è?

La politica non è un gioco per pochi ricchi signori che si divertono ad attaccarsi senza mai produrre nulla. E sta diventando questo. Guardi l’affluenza nelle periferie. L’80 per cento degli italiani ritiene che il declino dell’Italia sia inevitabile; il 73 per cento che ci saranno sommosse. Destra e sinistra hanno fallito. Serve un’alternativa repubblicana che rimetta insieme il paese.

Con chi e come?

Un’alternativa fondata sull’investimento nei diritti sociali - salari, sanità e scuola- sul ritiro dello Stato dall’economia e sulla sicurezza e il controllo dell’immigrazione. L’inconcludenza del bipolarismo sta uccidendo la democrazia. Il rischio autoritario è questo, non la Meloni.

A che punto è la Meloni? È arrivato il momento delle scelte, dal patto di Stabilità al Mes, e dunque è nervosa?

La Meloni ha fatto due cose buone: tenere la linea di politica estera e chiudere il superbonus. Sul resto semplicemente nulla sta accadendo. Il perché è sempre lo stesso: persone che non hanno mai lavorato, gestito o amministrato non possono governare un paese. Semplicemente non riescono a far accadere nulla. Per questo va ripristinato un cursus honorum che porti ai ministeri solo persone con grandi competenze amministrative o gestionali. Cosa ha incassato l’Italia sul patto di Stabilità? Tre anni di “periodo di grazia” poi arriverà il patto tedesco, con criteri rigidi e multe automatiche. Ma a Meloni non importa. Noi ragioniamo solo in termini di cicli elettorali.

Però c’è un dato. Il governo, di fatto, non governa: non una grande scelta, non una riforma, solo qualche bandiera simbolica di destra-destra. Però Giorgia Meloni non scende di un punto nel consenso. Come se lo spiega?

Perché è brava a fare quello che ha fatto tutta la vita: la propaganda. Dopodiché le stesse identiche cose le chiedevate su Salvini e sui Cinque stelle. Il ciclo è sempre lo stesso. Vai di moda e prendi un sacco di voti, vai al governo e crolli. Se sei un totale incapace come Salvini ci metti un anno, la Meloni è molto più furba. Ma il momento in cui le aspettative tradite determinano un crollo arriva sempre.

La vedo così: la sua forza è stata l’estraneità all’ultimo decennio di kamasutra parlamentare iniziato con un governo tecnico, finite con un altro governo tecnico, e in mezzo di tutto. Anche se governa male, il paese è indulgente, perché la percepisce estranea a questa roba.

Anche, ma in una politica che in tutto il mondo sta diventando entertainment, la Meloni risulta vera “de core”. Gli altri sembrano manichini. Questo è il punto. Il modello di voto “vai di moda perché sei lo specchio della mia rabbia”, conseguenza anche della diffusione dei social, è il vero grande rischio per le democrazie.

Lei dice che prima o poi si arriverà al dunque. Quando?

Boh. Andrà bene alle Europee e poi si troverà contro tutti sul referendum per le riforme. Le ricorda qualcosa? Come scrivo nel libro il paradosso è che devi essere Meloni per prendere i voti e Draghi o Gentiloni per governare. Intrattenitore fino alla soglia di palazzo Chigi, statista dopo. Non facile trasformazione.

Che lei non fa, perché ossessionata dalla coerenza con quel che era prima.

Il tema è sempre lo stesso: coalizioni per vincere e non per governare. L’accordo con l’Albania non è mai esistito ed è sintomo della disperazione della Meloni alle prese con il record di migranti. L’accordo con la Tunisia era la strada giusta. Ma servirebbe Minniti. Ovvero qualcuno capace di farlo funzionare. Lo stesso Minniti che era al Governo con me e Paolo e che oggi la sinistra ripudia come un fascista. Capisce il dramma di inconcludenza in cui versano entrambi gli schieramenti?

Se l’opposizione non tocca palla però il dunque di cui parla lei, non arriva mai. Calenda, il primo compito delle opposizioni, da che mondo è mondo, è mandare a casa i governi. Non possibile neanche trovare terreni comuni di azione?

Nella seconda repubblica le maggioranze cadono per la rottura delle alleanze a seguito della constatata incapacità di Governo e crollo dei sondaggi. Ritenere che l’opposizione, non si sa in che modo, visto che è minoranza in parlamento, possa mandare a casa la maggioranza è una pia illusione. Del resto il bipolarismo è questo. E come si dice “abbiamo voluto la bicicletta…”

Lei dice: non mi metto nel gioco delle ammucchiate “contro”. Bene, però questo ragionamento lo può fare ora che il voto è lontano e può dire “cambiamo il sistema politico” con una riforma. Ma se si votasse, con questa legge elettorale, domani mattina, cosa farebbe? Riandrebbe da solo?

Assolutamente sì. Ripeto la politica non è un gioco di società, serve per cambiare qualcosa. E se devo diventare parte “dell’eterno ritorno dell’uguale” preferisco tornare a fare il manager. Guadagnavo tre volte tanto e vivevo in un ambiente decisamente più sano.

Qui non la seguo. Lasciamo stare le questioni caratteriali. Il Terzo Polo fallisce “politicamente”, con la vittoria della destra, poi viene il carattere. Voi puntavate, proponendo una agenda Draghi senza Draghi, ad essere determinanti nella formazione del nuovo governo. Giorgia Meloni ha chiuso il dibattito: la sua vittoria risuscita la logica bipolare, per quanto malata. Quindi? Insiste e non cambia schema?

Il Terzo Polo ha preso il 20 per cento a Roma e l’8 per cento in un mese di campagna elettorale. È fallito perché Renzi ha voluto che fallisse. Ma la strada è quella giusta. Oppure indicatemene un’altra. Sono trent’anni che scrivete editoriali sui disastri di questo sistema la mattina e la sera nei talk show mi chiedete di far parte dello stesso sistema che criticate.

Calenda, lei ha delle ragioni nell’analisi che fa anche nel suo libro. Sono trent’anni che si promette stabilità, governabilità, diritto di scegliere il presidente del Consiglio, e poi si assiste a ribaltoni, governi tecnici, papocchi vari. E nel frattempo l’Italia sta peggio. Però le chiedo: non le pare velleitario proporre una costituente per il cancellierato? Aspettare il cambio del sistema, che forse non avverrà mai, per poi fare le alleanze?

Le rispondo. Visto come sono andate le cose non le sembra velleitario provare in qualsiasi altro modo? Se non separi la discussione sulle riforme dalla politica quotidiana non le farai mai.

Non pensa così di alimentare o interpretare una sorta di populismo di centro, che si nutre di una lettura un po’ qualunquistica della storia di Italia e degli attuali schieramenti? Ciampi e Tremonti non erano la stessa cosa, Gentiloni e Grillo neppure e nemmeno Schlein e Meloni.

Certo che non lo erano. Ma il bipolarismo ha portato a una degenerazione ed estremizzazione che oggi è recuperabile solo se un partito diventerà abbastanza forte da dettare un serio programma di larga coalizione.

Vaste programme.

E per favore non mi dica “ma non ci staranno mai”. Ho visto Salvini passare dall’uscita dall’Euro all’appoggio a Draghi e il Pd passare da “Conte marionetta di Salvini a Conte punto di riferimento dei progressisti”, Renzi da “Cinque stelle fascisti al governo con Conte e Di Maio". Qui tutti vogliono stare al governo e nessuno vuole davvero governare. A me piacerebbe governare ma non frega nulla di stare in un governo inconcludente.

Per lei destra e sinistra sono uguali? A chi è equidistante e a chi equivicino?

Io sono un repubblicano e in economia un liberale progressista ma guido un partito dove Mara Carfagna convive con Richetti; Costa con Lombardo; Gelmini con Emma Fattorini. Popolari, liberali, repubblicani e socialisti riformisti hanno costruito questo paese e poi sono stati prima divisi tra destra e sinistra e poi messi sotto il tacco da populisti e sovranisti. Anche basta.

Dica: mai con la destra.

Mai con questa destra antieuropea e sovranista. Pregherei per avere in Italia un partito conservatore moderno e con una classe dirigente di qualità. Così come sognerei di avere un partito laburista illuminato e pragmatico. Ma siccome non ci sono va costruito un Fronte Repubblicano che ospiti quelle culture e salvi la Repubblica dall’implosione.

Sul tavolo c’è la riforma costituzionale di Giorgia Meloni e, se andrà fino in fondo, sarà referendum su di lei. Se si impaluda perché gli alleati non gliela fanno fare resta lo status quo. Questo implica che si rimarrà con questo sistema politico ammaccato. Lei lo vuole migliore, ma si troverà con questo. Pensa di prendere da solo il 51 per cento?

Ho detto il contrario. Il nostro obiettivo è quello di prendere voti a sufficienza per obbligare la destra e la sinistra ad aprire una nuova stagione costituente. Altrimenti molto banalmente si troveranno costretti a farlo con il velo di un nuovo governo tecnico. E perderemo tutti altri elettori.

Draghi: lo vuole tirare per giacchetta anche lei? O vuole dire: “non tiratelo per la giacchetta”.

Ma figuriamoci. Draghi non si fa tirare per la giacchetta da nessuno. Ma dire che sarebbe un grande Presidente del Consiglio Europeo è semplicemente riconoscere la verità. E che la Schlein dica no perché non è socialista fa capire l’abisso in cui il Pd è caduto.

Perché a Meloni sono saltati i nervi su Draghi?

Perché non possiede l’Auctoritas di Draghi. Ho provato a spiegare alla Presidente in Senato la differenza tra Imperium, ovvero il potere che deriva dal ricoprire una carica e Auctoritas che consiste nel potere che proviene dall’autorevolezza della propria storia, dalla capacità di rappresentare il paese e non una parte, dalla saggezza e dalla gravitas dei comportamenti.

Lei domani va ad Atreju a parlare di imprese con Urso. Conferma anche dopo aver letto il programma?

Certo. Un ex ministro dello Sviluppo Economico ha il dovere di confrontarsi con un suo successore. Ho avuto sempre buoni rapporti con Patuanelli e Giorgetti. Unica eccezione fu Di Maio, non volle neppure fare il passaggio di consegne, gli registrai un tutorial.

Almeno non sta nel panel con Abascal. E non rischia di finire appeso a testa in giù….

Il fatto che la Meloni intigni in queste frequentazioni dimostra che il passaggio da Colle Oppio a Palazzo Chigi rimane un miraggio. Immagino che lei lo considererebbe un complimento. Per l’Italia di certo non è una garanzia di buon governo.

(Intervista a cura di A. De Angelis disponibile qui)