Sul salario minimo bisogna dialogare

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23/07/2023

L’intervista a La Stampa di Carlo Calenda

Aprire una discussione sul salario minimo è anche interesse di Giorgia Meloni, la premier dovrebbe «usare l'ultima settimana di luglio e la prima di agosto per avviare un dialogo», mentre è meglio mettere da parte i «diktat». 

Carlo Calenda non ha apprezzato il rilancio di Fdi, presidente della commissione Lavoro della Camera. Lei aveva invitato il centrodestra ad abbassare i toni e dal governo filtra una disponibilità a discutere. Meloni si è convinta?

«Io ho detto che oggi c'è un problema di lavoro povero, colpito dall'inflazione: salari stagnanti, lavori a bassissimo reddito e inflazione. Una tragedia che sta affrontando tutto il mondo civilizzato, dove il salario minimo c'è già e viene alzato. Penso che tra l'altro questo sia nelle corde di una destra sociale. Ho detto pubblicamente alla Meloni: incontriamoci».

È una vera apertura o un «trucchetto" come dice Più Europa e come sospettano molti anche nel Pd?

«Io non ho questo modo di pormi. L'Italia sta morendo perché si fa di qualunque cosa un conflitto ideologico. Se c’è un'apertura fino a prova contraria l'apprezzo. Poi se dovesse rivelarsi una finta sarà Meloni a doverlo spiegare agli italiani che sono a favore del salario minimo».

Ma Fdi dice: le opposizioni chiedano il rinvio a settembre o votiamo l'emendamento soppressivo.

«Questo è un modo sbagliato di procedere. Se si cominciano a dare diktat, da una parte e dall’altra, non si va da nessuna parte.  Dobbiamo cominciare a discutere, possibilmente prima della pausa estiva, cercare di avvicinare le posizioni senza ultimatum». 

E loro devono ritirare l'emendamento soppressivo?

«Ma certo! Come si fa a discutere di una cona se la sopprimi? Dopodiché non mi voglio infilare in questa polemica, non bisogna fare il giochino delle dichiarazioni. Suggerirei a Giorgia Meloni di utilizzare l'ultima settimana di luglio e la prima di agosto per avviare il dialogo. Farebbe bene anche a lei. Se c'è un'apertura come Azione siamo contenti e disponibili, anche ad ascoltare eventuali proposte alternative».

Un eventuale dialogo rischia di incrinare il fronte delle opposizioni sul salario minimo?

«Non c'è nessun fronte politico, Azione non è disponibile a nessun campo largo con Pd e M5s. Così come non c'è alleanza con la destra anche se approviamo la delega fiscale e l'abolizione di abuso d'ufficio. Il nostro lavoro è un creare un consenso trasversale per il bene del Paese, superando destra e sinistra. Abbiamo votato la delega fiscale, ma approvando un ordine del giorno che impegna il governo a finanziare "Industria 4.0" con i soldi del Pnrr. Mi aspetto che questa cosa venga formalizzata

quando verrà in Parlamento Fitto. Salario minimo e "Industria 4.0" lavorano molto bene insieme».

Se il centrodestra dirà no al salario minimo è disponibile a firmare una proposta di legge di iniziativa popolare come ha ipotizzato Schlein?

«E’ una strada percorribile. Noi continueremo a batterci per il salario minimo, lo ripresenteremo, insieme a "Industria 4.0" e alla sanità ne faremo uno dei punti del programma. Ma il nostro obiettivo come Azione è cercare di superare il bipolarismo».

Quindi chiedete al Pd di scegliere tra voi e M5s?

«No, io penso che abbia già scelto. Il Pd di Elly Schlein è molto più 

orientato verso l'elettorato M5s. lo sono più contento se quei voti li prende Pd, invece che i 5 Stelle. Questo però dà molto spazio alla costruzione di una forza riformista, centrale, popolare. Gli elettori che votavano il pentapartito non hanno più una casa. Vogliamo recuperare quella parte di elettorato».

Lei non voterà la sfiducia a Santanchè?

«A me interessa una valutazione politica non giudiziaria. Santanchè si deve dimettere: non paga i dipendenti, il Tfr.... Ma la mozione di sfiducia rafforza Santanchè e Meloni, è una stupidaggine classica di M5s. Fossi il Pd non li seguirei e uscirei dall’aula».

(Intervista a cura di A. Di Matteo)