Gli arrivi dimostrano la capacità attrattiva di Azione

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11/09/2023

L’intervista a Repubblica Genova di Matteo Richetti

«Quanto successo in Liguria si replicherà allo stesso modo in altri territori, le prossime saranno settimane decisive: nel Pd di Schlein “la Ditta” si è ripresa il partito, e chi non viene da lì prima o poi dovrà decidere cosa fare».

Matteo Richetti, numero due di Azione, spalla di Carlo Calenda sin dall’inizio dell’avventura, traccia così la rotta verso «il futuro». Parla di «movimenti naturali», commentando le fuoriuscite dal mondo dem a Genova e quella (ancora più fresca, e rumorosa) dell’ex ministra Elena Bonetti da Italia Viva, e chiarisce la direzione che prenderà il partito dopo gli ultimi mesi sulle montagne russe. 

In Parlamento, «dove con il Pd stiamo portando avanti un lavoro importante sulla sanità», – precisa il deputato – come in Liguria, «dove Azione sarà all’opposizione del centrodestra, di Giovanni Toti in Regione e di Marco Bucci a Genova».

Eppure l’operazione di Genova, con il passaggio in Azione di consiglieri che nel Pd hanno militato per decenni, farebbe pensare il contrario, Richetti.

«Non c’è nessuna operazione di mezzo, non è calciomercato, non c’è Calenda che alza il telefono per soffiare ad altri i consiglieri. C’è un partito come Azione che in questi giorni sta riprendendo quota, dopo gli assestamenti degli ultimi mesi, ed è tornato ad attirare amministratori in tutte le parti d’Italia. In politica il calciomercato non interessa nessuno, la gente vuole sentirsi dire le cose con serietà da partiti seri».

Cosa pensa dica Azione, che non dice il Pd?

«Schlein dice ai fuoriusciti del suo partito che l’indirizzo lo hanno sbagliato loro, ma si ricordi che le persone che oggi se ne vanno il Pd l’hanno fondato, a differenza di chi fino a poco tempo fa non era neanche iscritto, e forse si meriterebbero un’analisi un po’ più seria. Il Pd oggi ha una politica ambigua su quasi tutto, dalla politica estera in giù. Su lavoro, ambiente, politiche sociali il riposizionamento è palese. Inevitabile, tra i riformisti veri, ci siano tante persone che si sentono privati di una cittadinanza».

Non sarà calciomercato, ma sapervi al lavoro insieme in Parlamento stupisce, a sentire queste parole.

«Per un Pd che si chiude in questo modo, che dopo essere stato il partito del lavoro diventa il partito del reddito di cittadinanza, penso il destino sia segnato. Ma il problema è che l’elettore si ritrova tra la sinistra massimalista di Schlein e la destra populista. Ed è per quello che nasce e cresce Azione: perché stanno fallendo le proposte tradizionali».

Ci saranno contraccolpi, sul lavoro condiviso in Parlamento?

«Non penso, stiamo facendo insieme un lavoro importante anche sulla sanità, e rallentare sarebbe inspiegabile».

A Genova starete con il centrodestra, con i due consiglieri comunali in quota maggioranza, o farete parte dell’opposizione, dove sta Cristina Lodi, la vostra nuova consigliera?

«A Genova va fatta chiarezza. Azione non sostiene Bucci, semplicemente Carlo Calenda ha dichiarato di stimare il sindaco, così come tanti altri. Noi staremo all’opposizione di Toti e Bucci e della destra, così come facciamo in tutta Italia. Italia Viva ha deciso di entrare in giunta, noi no. I consiglieri sono stati eletti con liste civiche, e sono stati sospesi: uno si può autoproclamare quello che vuole, ma lo sanno loro per primi».

Su chi giocate, ora: con il Pd o con Iv, da cui esce una figura di primo piano come Bonetti?

«La decisione di Elena Bonetti conferma che Azione ha una sua capacità attrattiva, e fa chiarezza. Renzi si è autoproclamato centro, noi lavoriamo a un’offerta politica innovativa. Che non vada avanti di slogan, ma che ad esempio sulla transizione ecologica proponga soluzioni sostenibili e investimenti sul lavoro. Che oltre al salario minimo lavori per un piano di investimenti per un industria 4.0. Agli italiani non frega nulla, di chi sia il centro. Renzi dà del novecentesco al Pd di Elly Schlein, poi però è finito a rifare una Dc in salsa uno e mezzo per cento».

Vi siete lasciati bene, insomma.

«Noi abbiamo fatto la battaglia sul salario minimo, altri hanno difeso la Santanchè, imbarcato Mastella e fanno la battaglia per il sindaco d’Italia. Il Terzo Polo non era una partecipazione equanime, se il nome a caratteri cubitali nel simbolo era quello di Calenda, il 20 per cento a Roma l’ha preso Calenda, l’8 per cento alle Politiche Calenda. E invece è finita che quando serviva una costituente qualcuno l’ha buttata in caciara».

(Intervista a cura di M. Macor disponibile qui)