Sulla sanità pubblica il Paese è in cortocircuito

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29/06/2023

L’intervista di Matteo Richetti al Resto del Carlino

l numero di medici e professionisti sanitari che abbandona le corsie degli ospedali è "impressionante". Non siamo di fronte a una delle tante "emergenze" che vengono proclamate di tanto in tanto, ma a un vero "fenomeno cronico" per il quale occorre una decisa presa di posizione da parte della politica. Serve una "grande volontà politica" perché "riavvicinare la sanità ai cittadini è un dovere morale".

 Lo dice Matteo Richetti, capogruppo alla Camera di Azione, che ha presentato alcune proposte per migliorare la sanità, a partire da un piano per le liste d’attesa, e un piano per "decongestionare" i pronto soccorso, oltre a una "strategia più generale di proposte migliorative" per l’intero sistema.

Richetti, i problemi della sanità vanno affrontati a livello locale o nazionale?

"Se la sanità italiana è al collasso, e questa evidenza è sotto gli occhi di tutti, vuol dire che tutte le nostre sanità regionali sono in affanno e non esiste un sistema sanitario regionale che non sia uscito dalla più grande crisi sanitaria degli ultimi cento anni con una offerta uguale o migliore rispetto al 2019. Certo, la pandemia è stata un ciclone imprevedibile, ma ha mostrato che una debolezza latente di un sistema si traduce, se ampiamente sollecitato come ha fatto il Covid sulla nostra sanità, in un corto circuito dal quale è difficile riprendersi".

Le liste d’attesa ci presentano uno scenario inquietante.

"Inutile dire che ritardi di questa natura, che ammontano a circa 98 milioni di prestazioni in arretrato rispetto al 2019, di cui 13 milioni di prime visite e 17 milioni di visite di controllo, danneggiano la salute delle persone e comportano ulteriori e maggiori costi per la collettività e per lo Stato. Anche in Emilia-Romagna la situazione è oltre gli allarmi di guardia: nel 2020 sono state effettuate il 28,4% di prestazioni in meno rispetto al 2019, e nonostante negli anni successivi il dato sia migliorato, non è ancora tornato sui livelli precedenti la pandemia, tanto da far registrare un -16,4% nel 2021 e -10,4% nel 2022".

A complicare la situazione è l’emorragia di medici che abbandona le corsie.

"Ogni giorno ci vengono forniti numeri impressionanti, che non hanno più la caratteristica dell’emergenza e dimostrano che il fenomeno è cronico".

Cosa può fare la politica?

"Occorre potenziare urgentemente il personale sanitario, vietando il ricorso ai cosiddetti ‘medici a gettone’, elaborando un piano strategico di assunzioni, conseguenza di una rimodulazione del tetto di spesa per il personale sanitario. Bisogna, in altre parole, mettere più soldi per le assunzioni. Va fatto, però, con oculatezza: va programmato il numero di posti nelle scuole di specializzazione medica che si basi sul fabbisogno presente delle comunità e non sull’andamento storico".

Sulle risorse del Pnrr le aspettative sono alte?

"Dobbiamo fare uno sforzo importante, adeguando il finanziamento del Sistema sanitario nazionale al livello degli altri Paesi Ue; si avrebbero a disposizione risorse ingenti da poter riversare. Spesso il Pnrr viene utilizzato come foglia di fico o panacea di qualunque criticità strutturale del Paese. Noi chiediamo di fare un passo prima: aumentiamo la spesa della sanità, che in rapporto al Pil è circa un punto percentuale minore rispetto alla media degli altri partner europei. Ricordiamoci, infatti, che due anni fa, nel 2021, la spesa pro-capite pubblica era meno di tremila euro, contro i quasi seimila della Germania. Siamo convinti che non sia più sostenibile continuare così; le nostre proposte le abbiamo mandate tanto al governo quanto al Pd, senza ottenere alcuna risposta".

(Intervista a cura di P. Tomassone disponibile qui)