Il nostro piano per una difesa moderna ed efficiente, illustrato dal Generale Camporini.

La fine della guerra fredda ci ha fatto entrare in una fase storica in cui l’ordine mondiale aveva ancora bisogno di capacità militari per garantire la sicurezza ma si trattava di quelle necessarie alle operazioni di stabilizzazione, le cosiddette missioni di pace.

Tutto ciò ha reso possibile l’incasso del dividendo della pace, cioè di un importante riduzione del bilancio della difesa a favore di altre esigenze della comunità, in particolare della spesa sociale.

Gli eventi degli ultimi anni ci hanno richiamato alla realtà e ci hanno fatto rendere conto che per garantire la sicurezza dei nostri Paesi è necessario riorientare la capacità e la struttura dei nostri apparati difensivi sia dal punto di vista qualitativo che da quello quantitativo.

Con Azione abbiamo ritenuto necessario formulare al più presto delle proposte per la Difesa a livello nazionale e a livello europeo.

A livello nazionale:

1) Incrementare il budget per la spesa in Difesa e raggiungere il target del 2% entro il 2025

Attualmente la spesa militare ammonta a circa l’1,5% del PIL italiano, al di sotto degli accordi presi con la NATO che prevedono un target del 2%. Per raggiungere tale obiettivo è necessario aggiungere al budget annuale per la difesa circa 7 miliardi di euro. Oltre a non rispettare gli accordi  Nato, la spesa attuale crea una situazione di squilibrio operativo, infatti se finora le nostre forze hanno potuto partecipare alle operazioni di stabilizzazione decise dalla comunità internazionale, ciò è stato reso possibile grazie al fatto che tutte le risorse disponibili sono state concentrate sulle unità destinate all’impiego all’estero, a scapito delle specialità che non trovano utile impiego negli scenari attuali, come ad esempio l’artiglieria semovente e le unità corazzate. Formalmente, sull’aumento di spesa sono d’accordo quasi tutte le forze politiche ad eccezione di Alternativa, Europa Verde, Sinistra italiana. Infatti, la Camera il 16 marzo ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo a raggiungere l’obiettivo del 2% entro il 2024, tuttavia questo orizzonte temporale è stato allungato al 2028, a seguito di una mediazione interna alla maggioranza, avvenuta successivamente alla richiesta avanzata da Giuseppe Conte che ha richiesto di rimandare il raggiungimento dell’obiettivo al 2030. I recenti sviluppi della situazione geopolitica internazionale impongono di agire in modo tempestivo, per questo motivo noi riteniamo che l’obbiettivo del 2% vada raggiunto al massimo entro il 2025, il che significa un incremento di 2,6 mld l’anno.

2) Aumentare l’efficienza del settore e migliorare la distribuzione della spesa

  1. Al 2022 la distribuzione di alto livello del budget della Difesa è circa la seguente: 65,7% per il personale, 22,3% per gli investimenti, 12% per addestramento e manutenzione. Tuttavia la riforma Di Paola del 2012, che si basa su dati universalmente riconosciuti come ottimali, stabilisce che al fine di ottimizzare il funzionamento dell’organizzazione militare, le varie componenti di spesa dovrebbero avere il seguente peso: 50% per il personale, 25% gli investimenti e 25% per per addestramento e manutenzione. Raggiungere questo target è fondamentale per avere mezzi funzionanti e pronti per l’utilizzo anche improvviso e per consentire lo svolgimento di esercitazioni militari senza le quali gran parte del personale attivo non risulta pronto per intervenire in tempi rapidi. Con riferimento agli addestramenti, esiste anche un problema di scarsità relativo ai poligoni e ai terreni di esercitazioni. Come riporta il Sottosegretario di Stato al Ministero della difesa Giorgio Mulè: “L’utilizzo è limitato dai ricorsi degli ambientalisti su tutto il territorio: ci sono 3 capi di stato maggiore sotto inchiesta. Ma un esercito che non può addestrarsi diventa un esercito poco preparato”. Per questa carenza molte delle esercitazioni militari italiane avvengono in altri paesi, come Polonia, Ungheria o Giordania.
  2. Rispetto ai target fissati nel 2012 dalla riforma Di Paola, i nostri corpi armati sono sovraffollati, dovremmo avere un organico di 150 mila militari e sono invece 161 mila, con 21.598 ufficiali e 61.148 sottoufficiali (divisi fra 43.344 marescialli e 17.804 sergenti). La quota di sottoufficiali è pari al 37,6% del totale, mentre secondo la riforma Di Paola non dovrebbe superare nel 2024 il 27%.
  3. L’apparato difensivo italiano soffre un problema anagrafico (l’età media dell’Esercito è di 38 anni) e un significativo gap di addestramento e mezzi.

.
3) Migliorare il coordinamento interforze
. Attualmente la collaborazione tra le forze armate in Italia è molto limitata e questo genera forti inefficienze e costi gestionali elevati. A titolo esemplificativo basti pensare che l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica hanno tre sistemi logistici, tre sistemi di servizi sanitari e anche tre servizi territoriali. Un maggiore coordinamento interforze consentirebbe di raggiungere significative economie di scala e di scopo.

A livello UE:

1) Adottare una Politica Estera Comune. Il conflitto in Ucraina ha reso ancora più evidente la necessità di adottare una politica estera comune europea. Le forze armate infatti sono solo uno strumento a servizio della politica estera: senza una politica estera comune non avrebbe motivo di esistere un esercito comune in Europa. Tuttavia, attualmente, un accordo tra 27 paesi sulla politica estera non sembra una strada percorribile. Proponiamo quindi di avviare una trattativa solamente con i paesi interessati e con i quali risulti possibile trovare un accordo. Non sarebbe la prima volta che l’UE propone velocità diverse su diversi ambiti di integrazione (es: non tutti gli stati hanno aderito contemporaneamente alla moneta unica o ai patti di Schengen). Nel breve periodo, la politica estera potrebbe essere attuata tramite contingenti composti dagli eserciti nazionali per poi arrivare nel lungo termine ad un’integrazione più consolidata dell’esercito e della difesa comune. Una fase di adattamento alla politica estera comune è necessaria anche per rafforzare l’identità europea delle forze armate.

2) Promuovere l’integrazione della catena logistica europea attraverso una maggiore integrazione dell’industria militare. Le forze armate dei diversi stati membri hanno in comune quasi esclusivamente il carburante e le munizioni. Questo comporta, ad esempio, che se nel corso di una missione congiunta si dovesse rompere un mezzo blindato tedesco, gli italiani, che hanno mezzi diversi, non sarebbero in grado di fornire pezzi di ricambio che dovrebbero necessariamente arrivare dalla Germania. La difesa in Europa è quindi caratterizzata da un forte fenomeno di duplicazione e di incompatibilità dei prodotti industriali degli equipaggiamenti e dei mezzi che deve essere risolto per consentire una catena logistica più efficiente e un maggior grado di coordinamento tra le forze europee. Questo può essere fatto consentendo ad ogni paese di specializzarsi nella fabbricazione di specifici tipologie di equipaggiamento garantendo quindi maggiori economie di scale, la tutela dei posti di lavoro nell’industria militare in ogni paese, una maggiore interdipendenza reciproca dei paesi (nessun paese sarebbe considerato superfluo)..

3) Creare nel medio periodo delle Unità europee per finalità specifiche (fino al raggiungimento graduale dei 60 mila militari) e con un budget comune. La difesa comune è un progetto di lungo periodo, nel prossimo futuro si potrebbe iniziare a creare delle unità per specifiche missioni comuni per avviare un processo di integrazione militare. Il 21 marzo, il Consiglio Europeo ha approvato il piano di azione Strategic Compass per rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell’Ue. Tra le proposte c’è lo sviluppo della capacità di dispiegamento dell’Ue per avere rapidamente a disposizione fino a 5 000 militari in ambienti non permissivi, per diversi tipi di crisi. Riteniamo non sufficiente il numero di truppe coinvolte, la nostra proposta è di ampliare la capacità di dispiegamento fino ad arrivare gradualmente almeno a quanto indicato nel 1999 dal Helsinki Headline Goal di 60 mila.

Nessuno sforzo nazionale di qualsiasi entità può mettere in condizione il nostro Paese di far fronte alle possibili crisi che possiamo intravedere all’orizzonte. Solo la progressiva integrazione politica e quindi anche militare dei Paesi europei metterà tutti noi in condizione di influire sugli eventi e non solo di subirli.

Analisi di supporto

Attualmente in Italia il personale militare attivo ammonta a circa 170.000 uomini. Di questi, molti sono in età avanzata e quindi impiegabili solo nella logistica e non nelle operazioni di battaglia. Attualmente, infatti, circa i due terzi della forza militare italiana è impiegata in logistica e solamente un terzo è impiegabile in operazioni sul campo.

Per avere un riequilibrio all’interno della difesa italiana si è fissato come obbiettivo quello dei 150.000 militari attivi, secondo alcune stime questo obbiettivo verrà raggiunto entro il 2024 secondo altre entro il 2031.

Alcuni indicatori sugli eserciti in UE e nel mondo:

In ogni colonna sono indicati in grassetto Top 5 paesi Ue per ogni valore

Paesi Europei Spesa in difesa %Pil (2020) Forza militare aerea Flotta Marina Carri Armati Veicoli corazzati Personale militare % personale militare su pop.  attiva
Germania 1,40% 617 80 266 9.217 199.000 0,55
Francia 2,10% 1.055 180 406 6.558 415.000 1,39
Italia 1,60% 862 184 200 6.908 297.000 1,06
Spagna 1,40% 503 139 327 2.806 215.000 0,99
Paesi Bassi 1,40% 156 61 18 5.015 45.000 0,58
Polonia 2,20% 452 86 863 4.786 152.500 0,82
Svezia 1,20% 204 316 121 3.371 38.000 0,93
Belgio 1,10% 115 17 0 854 33.000 0,68
Portogallo 2,10% 97 107 37 725 155.500 3,01
Grecia 2,80% 633 120 1.243 6.134 385.500 7,76
Romania 2,10% 147 45 451 1.392 132.000 1,20
Ungheria 1,60% 55 0 176 510 55.000 1,20
Usa 3,70% 13.247 484 6.612 45.193 1.832.000 1,24
Uk 2,20% 693 75 227 5.015 231.000 0,75
Cina 1,70% 3.285 777 5.250 35.000 3.134.000 4,15
Giappone 1,00% 1.449 155 1004 5.500 309.000 0,58
Russia 4,30% 4.173 605 12.420 30.122 1.350.000 1,94
India 2,90% 2.182 295 4.614 12.000 5.132.000 0,82

Fonte: GlobalFirePower e SIPR

Progetti collaborativi, duplicazioni e inefficienze tra Stati Membri

  • Nel 2020 gli stati membri hanno speso solo 4,1 mld di euro su progetti collaborativi, dati in calo del 13% rispetto al 2019 e che confermano il trend in diminuzione che osserviamo dal 2016.
  • In Europa attualmente ci sono 180 diversi tipi di equipaggiamento militare (fucili, carri armati, munizioni, aeroplani, navi ecc.) rispetto ai soli 30 negli Stati Uniti. Mogherini e Katainen (2017) evidenziano anche le potenziali perdite indotte dalla duplicazione dei progetti; ad esempio, osservano che nell’UE ci sono 17 carri armati principali, 29 tipi di fregate e 20 aerei da combattimento (Tabella 1). Le cifre corrispondenti per gli Stati Uniti sono rispettivamente 1, 4 e 6.
    .

Tabella 1: Confronto tra il numero di tipologie di equipaggiamenti UE e USA

  UE USA
Tipi di equipaggiamento militare in UE

(aerei, munizioni, carri armati, ecc..)

180 30
Tipi di carri armati principali 17 1
Tipi di fregate 29 4
Tipi di aerei da combattimento 20 6

Fonte: “Improving the quality of public spending in Europe, Parlamento UE

Tabella 1 Confronto tra il numero di tipologie di equipaggiamenti UE e USA

Nonostante le numerose decisioni ed iniziative dedicate al rafforzamento dell’integrazione della Difesa tra gli Stati Membri, la maggior parte della spesa militare rimane gestita su base nazionale e l’industria europea resta caratterizzata da inefficienza e duplicazione di progetti e costi. Infatti, gli stati membri fanno affidamento su “campioni industriali nazionali” (per esempio, Leonardo e Fincantieri in Italia, Thales in Francia, Navantia in Spagna), spesso di proprietà statale, e si continuano a sviluppare iniziative separate. Ci sono al massimo forti legami solo con alcuni alleati (es Italia, Paesi Bassi e Regno Unito sono coinvolti nel progetto di costruzione del F35 Joint Strike Fighter della US Lockheed Martin).

  • La divisione di mercati della difesa nell’UE è inoltre la principale causa del divario tecnologico ed efficienza con gli Stati Uniti. La duplicazione dei programmi di ricerca tra i paesi riduce i potenziali risultati degli investimenti in termini di innovazione, compresi i potenziali effetti positivi di ricaduta tecnologica sul settore privato.
  • Un documento sull’efficienza della spesa pubblica degli stati membri elaborato dal Parlamento Europeo (Improving the quality of public spending in Europe) suggerisce che l’esistenza di grandi benefici da ulteriori processi di integrazione europea nel dispiegamento delle truppe, anche alla luce del fatto che i dati ci dicono che i paesi più grandi, mediamente, grazie all’economia di scala spendono in modo più efficiente in materia di difesa. Da questo documento inoltre si evince che se gli Stati membri destinassero il 25% della loro spesa in progetti integrati a livello UE, risparmierebbero collettivamente circa 2,7 miliardi.
  • Il rapporto CONE del Parlamento europeo (2019) stima un risparmio di 22 miliardi di euro che potrebbe essere ottenuto integrando alcune funzioni di difesa, per esempio l’industria degli equipaggiamenti, a livello dell’UE.
    .

La NATO e l’UE

Figure 1 Nato e Paesi Europei

  • Nel 2020, la spesa per la difesa dei Paesi Membri ha raggiunto circa l’1,5% del PIL dell’UE. Questo dato non è sufficiente per raggiungere il target del Readiness Action Plan sottoscritto all’occasione del vertice NATO 2014, secondo il quale il 2% del Pil è da destinare alla difesa. La spesa in difesa è comunque in costante aumento: + 5% rispetto al 2019 e +25% tra il 2014 e il 2020.
  • Per sapere quanto ogni Paese membro della NATO effettivamente contribuisce alla NATO non è sufficiente guardare la spesa per la difesa: ogni membro potrebbe infatti spendere di più o di meno per ragioni di sicurezza nazionale che poco hanno a che fare con la sicurezza collettiva degli alleati. Un indicatore migliore potrebbe essere la percentuale del budget per la difesa che viene effettivamente destinato alle spese dirette dell’Alleanza. I contributi diretti vengono formalmente suddivisi tra i paesi membri in base al Reddito nazionale lordo (RNL), ripartizione che spesso però non viene rispettata. Infatti, sulla base del RNL gli Stati Uniti dovrebbero contribuire per oltre il 50% alle spese comuni, mentre i loro versamenti coprono solo il 22% del totale. Secondo questo criterio, l’Italia dovrebbe contribuire per il 5%, mentre i suoi contributi ammontano a oltre l’8% del totale.
  • Un secondo indicatore per valutare il contributo di ciascun alleato alla NATO potrebbe essere il numero di soldati che mette a disposizione nelle missioni dell’Alleanza, messo in relazione alle sue dimensioni economiche. I dati mostrano che molti paesi europei fanno più di quanto dovrebbero in rapporto alla propria forza economica. In questo senso l’Italia è tra i più “virtuosi”, insieme a Romania e Turchia. Tra i meno virtuosi ci sono invece la Francia (che preferisce destinare i propri soldati unicamente a missioni a guida francese) e altri paesi europei come Germania e Spagna.

Figure 2 Truppe schierate missioni Nato

Basi NATO in UE: L’Italia è il Paese UE con più strutture di riferimento della NATO:

  • L’Allied Command Transformation della NATO ha 6 sedi di cui 5 in paesi UE: due in Italia (Roma e Latina), una in Polonia, una in Portogallo e una in Germania.
  • L’Allied Command Operations della NATO ha il suo commando in Belgio, oltre a due comandi intermedi in Olanda e in Italia (Napoli) e altre tre strutture di comando in Turchia, Regno Unito e Germania. Perciò delle 6 strutture dell’Allied Command Operation, 4 sono in Stati Membri.
  • Le sedi delle 4 agenzie della NATO sono tutte in Stati Membri (uno in Lussemburgo, una divisa tra sedi in Francia e Italia, due in Belgio).
  • Le 8 Rapidly Deployable Corps della NATO sono concentrate sul territorio dell’UE (Francia, Polonia, Italia, Germania, Spagna e Grecia), con l’eccezioni di una in Regno Unito e una in Turchia.
  • Le basi militari con posizioni militare avanzata, utilizzate per supportare operazioni tattiche della NATO, chiamate Operating Base, sono in UE: due in Italia e una in Germania.

Le decisioni del Consiglio Europeo di marzo

Le conclusioni elaborate durante l’ultimo Consiglio europeo che si è tenuto a Versailles il 10 e 11 marzo riguardano anche il tema della Difesa. L’articolo 9 in particolare si concentra sull’aumento e il miglioramento drastico degli investimenti nelle capacità di difesa e nelle tecnologie innovative dell’UE. Gli Stati membri hanno convenuto di:

  • incrementare considerevolmente le spese per la difesa, destinando una quota significativa agli investimenti, con particolare attenzione alle carenze strategiche  individuate, e sviluppando le capacità di difesa in modo collaborativo all’interno dell’Unione europea;
  • mettere a punto ulteriori incentivi per stimolare gli investimenti collaborativi degli Stati membri in progetti comuni e appalti congiunti in materia di capacità di difesa;
  • investire ulteriormente nelle capacità necessarie per condurre l’intera gamma di missioni e operazioni, anche investendo in abilitanti strategici quali la cyber-sicurezza e la connettività spaziale;
  • promuovere le sinergie tra ricerca e innovazione nell’ambito civile, della difesa e dello spazio, e investire nelle tecnologie critiche ed emergenti e nell’innovazione per la sicurezza e la difesa;
  • adottare misure per rafforzare e sviluppare la nostra industria della difesa, comprese.

Strategic Compass

 Il 21 Marzo il Consiglio Europeo ha formalmente approvato lo “Strategic Compass” un piano d’azione per rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell’UE entro il 2030. Il Consiglio si impegna a realizzare le azioni prioritarie concrete nell’ambito di quattro filoni di lavoro: azione, sicurezza, investimenti e partnership.

Azione

  • Essere in grado di agire in modo rapido ed energico quando scoppia una crisi, con i partner se possibile e da soli se necessario:
  • Rafforzare le missioni e operazioni PSDC (politica di sicurezza e difesa comune) in ambito civile e militare conferendo loro mandati più solidi e duttili, promuovendo un processo decisionale rapido e più flessibile e garantendo una maggiore solidarietà finanziaria.
  • Sviluppare una capacità di dispiegamento rapido dell’UE che consentirà di dispiegare rapidamente fino a 5 000 militari in ambienti non permissivi, per diversi tipi di crisi.
  • Rafforzare le nostre strutture di comando e controllo e cooperazione attraverso il miglioramento della mobilità militare ed esercitazioni reali periodiche, in particolare per la capacità di dispiegamento rapido.
    .
    Sicurezza
    .
  • Potenziare la capacità di anticipare le minacce, garantire un accesso sicuro ai settori strategici e proteggere i cittadini:
  • Rafforzare le nostre capacità di intelligence per migliorare la conoscenza situazionale e la previsione strategica.
  • Creare un pacchetto di strumenti dell’UE contro le minacce ibride, in tale contesto mettere a punto un pacchetto di strumenti dedicato per affrontare la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri.
  • Sviluppare ulteriormente la politica dell’UE in materia di cyberdifesa; rafforzare le nostre azioni nei settori marittimo, aereo e spaziale e sviluppare una strategia spaziale dell’UE per la sicurezza e la difesa.
    .
    Investimenti
  • Investire di più e meglio nelle capacità e nelle tecnologie innovative, colmare le lacune strategiche e ridurre le dipendenze tecnologiche e industriali:
  • Aumentare e migliorare la spesa nel settore della difesa e migliorare lo sviluppo e la pianificazione delle capacità allo scopo di affrontare più efficacemente realtà operative e nuove minacce e sfide.
  • Lavorare a soluzioni comuni per sviluppare i necessari abilitanti strategici per le missioni e operazioni nonché sviluppare comunemente a livello UE la capacità di prossima generazione in tutti i settori operativi.
  • Sfruttare appieno la cooperazione strutturata permanente e il Fondo europeo per la difesa per sviluppare congiuntamente capacità militari all’avanguardia e investire nell’innovazione tecnologica per la difesa nonché creare un nuovo polo di innovazione nel settore della difesa in seno all’Agenzia europea per la difesa.

    Partnership
    .

  • Rafforzare la nostra cooperazione con i partner per affrontare minacce e sfide comuni:
  • Rafforzare i partenariati strategici con la NATO e le Nazioni Unite attraverso dialoghi politici più strutturati e una cooperazione operativa e tematica. Intensificare inoltre la cooperazione con i partner regionali, tra cui l’OSCE, l’UA e l’ASEAN.
  • Rafforzare la cooperazione con i partner bilaterali che condividono gli stessi valori e interessi, quali gli Stati Uniti, la Norvegia, il Canada, il Regno Unito e il Giappone. Sviluppare partenariati su misura nei Balcani occidentali.
  • Creare un forum di partenariato dell’UE in materia di sicurezza e difesa per collaborare più strettamente ed efficacemente con i partner allo scopo di fronteggiare sfide comuni.

VAI AL VIDEO DI VINCENZO CAMPORINI

.