Le nostre proposte sull’energia a seguito dell’invasione russa in Ucraina
A seguito dell’invasione russa in territorio ucraino si è registrato un vertiginoso aumento dei costi dell’energia.
Per affrontare le crisi del caro-bollette e del caro-carburante abbiamo definito delle proposte di breve periodo, finalizzate a mitigare gli effetti negativi dell’aumento dei prezzi sulle imprese e sulle famiglie.
Abbiamo inoltre formulato proposte di medio/lungo periodo finalizzate a ridurre la volatilità causata dalla dipendenza dall’estero, a incrementare la produzione energetica tramite fonti rinnovabili e conseguentemente a ridurre il prezzo dell’energia.
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PROPOSTE DI BREVE PERIODO PER FAMIGLIE E IMPRESE
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1. Tassare parte degli extra profitti di chi produce/vende energia per ridurre il costo delle bollette delle famiglie e delle imprese
Il meccanismo di formazione del PUN genera un unico prezzo per tutta l’energia indipendentemente dalla fonte di produzione: chi importa energia nucleare o produce energia tramite fonti rinnovabili, in particolare il grande idroelettrico, continua ad avere gli stessi costi che risultavano remunerati quando il PUN era di 55 € MWh (media degli ultimi 10 anni) ma riesce a vendere al prezzo unico che è aumentato di 4-5 volte, a causa del prezzo del gas e del maggior costo della CO2. Anche chi produce energia da fonti fossili sta beneficiando di profitti molto più alti di quelli degli anni passati: i) l’aumento del prezzo del carbone è stato in proporzione minore rispetto all’aumento del prezzo dell’elettricità; ii) molti produttori di energia tramite gas naturale acquistano gas tramite accordi di lungo periodo il cui prezzo non è aumentato in modo significativo.
Proponiamo di tassare (almeno al 50%) gli extraprofitti di chi produce e/o vende (es.: traders) energia al fine di ridurre il costo delle bollette delle famiglie e delle imprese senza gravare sulle casse dello Stato.
Si stima che la quota di extra-profitti rispetto all’anno precedente potrebbe raggiungere i 20 miliardi di euro.
2. Mettere a disposizione delle imprese una parte delle scorte strategiche di gas a prezzi calmierati
L’Italia ha una riserva strategica di gas pari a circa 5 miliardi di metri cubi. Stando ai dati ARERA, le industrie usano complessivamente circa 10 miliardi di metri cubi l’anno per le loro attività di produzione.
Per alleviare gli effetti negativi del rialzo dei prezzi del gas sulle imprese, la nostra proposta è di vendere parte del gas della riserva strategica a prezzo di costo, per abbassare il costo medio complessivo di gas per le imprese.
3. Aumentare le importazioni di gas naturale liquefatto (LNG)
Per diversificare nel breve periodo le importazioni di gas, è necessario puntare sul gas naturale liquefatto (LNG), che può essere trasportato tramite navi da Paesi che non sono collegati all’Italia tramite gasdotti. Per poter distribuire tale gas nella pipeline italiana deve prima essere riconvertito allo stato gassoso tramite rigassificatori.
Nel breve periodo quindi, occorre comprare/noleggiare almeno 2 rigassificatori galleggianti per una capacità complessiva pari a circa 15 miliardi di metri cubi l’anno.
4. Riattivare temporaneamente le centrali elettriche a carbone
Proponiamo di aumentare temporaneamente la produzione di energia a carbone (il cui prezzo è aumentato meno di quello del gas naturale) per uscire dalla crisi del caro bollette. In particolare, utilizzando tutta la potenza installata (circa 7,5 GW), che può lavorare per circa 7.500 ore annue, potremmo produrre su base annua circa 31 TWh, invece dei 13 TWh del 2021.
Inoltre, se riavviassimo anche le sezioni di alcuni impianti, come Brindisi e Fusina, attualmente ferme potremmo produrre fino a ulteriori 24 TWh annui.
In totale quindi potremmo temporaneamente sostituire circa il 35% dell’energia elettrica normalmente prodotta a gas con energia prodotta a carbone, tornando alla produzione a gas non appena la situazione si normalizzerà. Questo consentirebbe di far diminuire il costo dell’energia e ridurre di circa 9 miliardi di metri cubi la domanda di gas..
5. Incentivare la produzione di energia tramite impianti fotovoltaici per l’autoconsumo
Proponiamo un credito d’imposta del 30% per la costruzione di impianti fotovoltaici destinati all’autoconsumo da parte delle imprese sui propri terreni industriali (sia sui tetti che nel terreno dello stabilimento) e al 70% per l’acquisto di sistemi di accumulo.
La costruzione di questi impianti non richiede un processo autorizzativo lungo in quanto i terreni sono già adibiti ad uso industriale e l’allaccio alla rete elettrica (di media tensione) è spesso già previsto. Questo consentirà alle imprese di ridurre il costo dell’energia entro il 2022 e di limitare il ricorso al gas per la produzione di energia elettrica durante il prossimo inverno quando tale risorsa potrebbe scarseggiare.
6. Bonus una tantum ai dipendenti de-tassato e de-contribuito
Consentire alle imprese di pagare un premio di produzione (fino a €2.000 entro settembre 2022) una tantum tramite voucher da spendere su specifici prodotti che hanno subito un rilevante aumento dei prezzi (es: carburante e generi alimentari). Tale contributo non dovrà comportare il pagamento di tasse e contributi da parte del lavoratore e consentirà all’impresa di maturare un credito d’imposta pari al 70% utilizzabile fino al 2025.
7. Interventi specifici per il caro-carburante
La portata dell’aumento dei prezzi dell’energia e del carburante sta avendo conseguenze che non riguardano un singolo ministero ma l’intero assetto economico-industriale. Per questo occorre nominare un commissario straordinario che riesca ad operare coordinando il lavoro dei diversi ministeri e curando i rapporti con le associazioni di rappresentanza.
Riteniamo inoltre necessario ridurre temporaneamente il prezzo dei carburanti fino a €1,7/litro diminuendo l’IVA e le accise
Infine, a livello europeo, deve essere varato un Fondo di sostegno che compensi il rialzo delle materie prime e finanzi gli investimenti per gas e rinnovabili.
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PROPOSTE DI MEDIO PERIODO DI SISTEMA
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1. Diversificare le importazioni di gas naturale
Il gas naturale è considerata la migliore energia di transizione in quanto inquina meno degli altri combustibili fossili. Considerato che saremo dipendenti dal gas naturale almeno fino al 2050, è fondamentale diversificarne il più possibile le forniture al fine di ridurre il rischio di mancati approvvigionamenti:
Per aumentare la diversificazione delle forniture di gas liquefatto è necessario sbloccare e portare a termine i rigassificatori ad oggi bloccati (Es: Porto Empedocle, Gioia Tauro e Falconara) che consentiranno di rigassificare circa 20 miliardi di metri cubi di gas
Per aumentare la diversificazione delle forniture di gas naturale è necessario:
- Costruire un gasdotto che colleghi i rigassificatori spagnoli (costruiti con fondi europei) attualmente utilizzati al 28% con l’Italia (Ventimiglia);
- Costruire il gasdotto Eastmed che consentirebbe all’Italia di importare gas da Israele (circa 10 miliardi l’anno)
- Raddoppiare il pompaggio del TAP per aumentare da 10 a 20 miliardi di metri cubi il gas importato dall’Azerbaijan. Per far questo basterebbe aggiungere una stazione di compressione in Grecia e una in Albania.
2. Rilanciare la produzione nazionale di gas
Nel 2021 l’Italia ha prodotto poco più di 3 miliardi di metri cubi di gas, consumandone in totale circa 76, ciò significa che la quota di importazioni si è attestata al 95% circa. Nel giro di 1-2 anni possiamo agevolmente raddoppiare la quantità di gas estratta nel territorio nazionale. A tal proposito si consideri che in Italia sono già stati identificati giacimenti per altri 90 miliardi di metri cubi.
Per rivampare gli impianti e aumentare la produzione è possibile sfruttare co-finanziamenti da parte delle imprese che utilizzano grandi quantità di gas nel processo produttivo (c.d. “gasivore”) che potrebbero poi acquistare il gas a prezzi più competitivi con accordi di lungo periodo. Tra i principali vantaggi della riduzione delle importazioni di gas, oltre alla diminuzione della dipendenza dall’estero e l’aumento dell’occupazione in Italia, potremmo beneficiare di un aumento delle royalties, utilizzabili per ridurre ulteriormente i costi della bolletta.
3. Modificare il sistema di attribuzione delle royalties
In Italia, chi estrae gas dal sottosuolo è tenuto al pagamento delle royalties. Attualmente, l’aliquota è pari al 10% del prezzo di mercato, sia per le estrazioni in terraferma che in mare. Sono esentate dal pagamento delle royalties le produzioni annuali di gas inferiori o pari a 10 milioni di Sm3 in terraferma e 30 milioni di Sm3 prodotti in mare. La norma è pensata per aiutare le piccole aziende, ma in realtà anche le grandi aziende possono beneficiarne se mantengono la produzione sottosoglia per ogni concessione.
Le nostre proposte sono di alzare l’aliquota delle royalty allineandola alla media europea e di eliminare le esenzioni sotto un certo volume di estrazione. Con queste modifiche, si avrebbe un aumento del gettito pari a circa 370 milioni l’anno (le stime di Legambiente prevedono un guadagno di 314,6 milioni grazie all’innalzamento dell’aliquota e un guadagno di 57 milioni di euro dall’eliminazione delle esenzioni).
4. Riformare il meccanismo di attribuzione del prezzo per le energie rinnovabili
Attualmente parte dei produttori di energia da fonti rinnovabili vendono sul mercato all’ingrosso utilizzando il PUN, mentre quelli che hanno partecipato ad aste pubbliche per i “contingenti di capacità incentivabile” vendono la propria energia al prezzo stabilito con l’asta a GSE, che successivamente la commercia sullo stesso mercato all’ingrosso tramite PUN. Tuttavia, il PUN non è uno strumento adeguato all’attribuzione del prezzo dell’energia proveniente da fonti rinnovabili o comunque con una quota minima di costi variabili.
Al fine di ridurre il prezzo dell’energia proveniente da fonti rinnovabili per ridurre i costi per i consumatori finali e rendere le imprese energivore più competitive, la nostra proposta è quella di riformare il meccanismo di attribuzione del prezzo affinchè questo prenda in considerazione la . vera curva dei costi della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Considerando il valore dell’investimento iniziale, la durata dell’impianto, i costi di manutenzione e i costi variabili prossimi allo zero, il prezzo a cui GSE compra l’energia da tutti i produttori (anche da quelli che utilizzano impianti che non godono di una tariffa attribuita da aste) potrebbe essere definito ex-ante in modo da garantire un profitto incentivante per l’investitore (es: 6%). I contratti possono essere stabiliti tramite aste al ribasso o tramite Power Purchase Agreements. GSE rivenderebbe poi l’energia alle famiglie e alle imprese tramite PUN o PPA utilizzando la differenza tra i ricavi e il costo minore dell’energia per ridurre gli importi in bolletta.
5. Aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili velocizzando il processo autorizzativo
L’attuale procedimento autorizzativo per l’installazione di nuova capacità produttiva elettrica prevede l’ottenimento di un’Autorizzazione Unica (AU) tramite la presentazione di un lungo elenco di studi, permessi e nullaosta presso la Conferenza dei Servizi, un organo decisionale cui partecipano rappresentanti di autorità statali, regionali, provinciali e comunali addetti alla verifica e validazione (o eventuale respingimento) dei documenti presentati. L’ottenimento delle valutazioni di impatto ambientale (VIA) è la principale criticità all’interno del processo autorizzativo.
I tempi medi per la concessione di procedimenti VIA sono di oltre due anni, con picchi di addirittura sei anni. Considerate le attuali tempistiche di rilascio dei procedimenti autorizzativi, potrebbero volerci circa 24 anni per raggiungere gli obiettivi italiani del 2030 in tema di installazioni di impianti eolici, e fino a 100 anni per impianti fotovoltaici.
Per incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili proponiamo una serie di iniziative volte alla riduzione delle barriere di accesso al mercato italiano, tra le quali:
- Uniformare il processo autorizzativo su tutto il territorio nazionale, sia per quanto riguarda la documentazione da presentare, sia per le tempistiche, che devono essere certe e non superare i due anni, come previsto dalla Direttiva UE;
- Affidare ad appositi uffici tecnici regionali la gestione dell’intera procedura, eliminando la dualità Regioni/Comuni, e finanziare la formazione e l’internalizzazione di competenze tecniche da parte di funzionari regionali addetti;
- Prevedere una procedura autorizzativa ridotta (sia amministrativa, che di valutazione di impatto ambientale) per gli interventi di repowering di impianti esistenti e obsoleti qualora l’intervento non preveda ulteriore occupazione di suolo, qualificandoli come “varianti non sostanziali” uniformemente sul territorio nazionale;
- Prevedere procedure ridotte per gli impianti eolici offshore, in particolare quelli galleggianti, e di fotovoltaico in aree da bonificare, integrati con sistemi di accumulo.
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