Perché lo sciopero generale è sbagliato
L’editoriale di Raffaele Bonanni.
Aspettavamo un patto sociale o come ebbe a dire lo stesso Mario Draghi: "Un accordo su una prospettiva economica condivisa", ed invece ecco che Cgil e Uil, senza la Cisl, proclamano lo sciopero generale. Non credo che ci siano precedenti storici riferibili a contesti e modalità che hanno visto una parte del Sindacato confederale arrivare a tale determinazione.
Infatti, il governo era già pervenuto a soluzioni importanti come fisco e pensioni e comunque si era dichiarato disponibile a proseguire la discussione in vista della riforma fiscale e sui temi dello sviluppo e del welfare. Si potrà dire che non si era del tutto d’accordo, ma non si può negare che passi importanti sono stati fatti a favore di lavoratori dipendenti. In altri tempi, i più insoddisfatti, al massimo avrebbero dato vita a proteste nelle città italiane, ma non avrebbero fatto ricorso alla esagerazione di uno sciopero generale proclamato sotto Natale e senza consultare i lavoratori. Lo stesso Garante per gli scioperi ha avuto da ridire riguardo i forti disagi che ne potrebbero derivare, per un periodo così complicato per la mobilità delle persone e per il nuovo e preoccupante innalzarsi degli indici pandemici.
Questo momento è decisivo per le sorti future del paese per imboccare finalmente la via della ripresa, aiutato dai cospicui fondi messi a disposizione dal Pnrr. È auspicabile che parti tutte si dedichino totalmente a questa impresa attraverso almeno due operazioni da scegliere come impegni primari per il Sindacato, indispensabili per creare le premesse del cambiamento di rotta del paese. Il coinvolgimento dei lavoratori in tutti i posti di lavoro sugli obiettivi del Pnrr per rafforzare la loro consapevolezza come energia vitale per sostenere la migliore classe dirigente negli sforzi enormi necessari per transitarci nella modernità con infrastrutture, tecnologie avanzate, nelle nuove frontiere dell’energia, nel cambiamento radicale dell’education, della pubblica amministrazione.
Chi nel paese dovrebbe darsi totalmente a questa impresa se non il Sindacato Confederale, che vanta giustamente di essere stato sempre in prima linea nei momenti cruciali e difficili della Repubblica? Questo sentimento dovrebbe rinnovarsi ancor di più oggi, consapevoli che il dato impressionante della mancata crescita del reddito pro capite da almeno 20 anni ha impoverito innanzitutto i lavoratori. È questa la conseguenza di una produttività diminuita in Italia di 5 punti percentuali, mentre i paesi nostri concorrenti raggiungono fino a 15 punti percentuali in più come la Germania e Francia. Su questo punto cruciale per la Nazione che i sindacati e le imprese, insieme, dovrebbero concentrarsi.
Insomma, se le cose stanno così, il compito delle parti sociali è senz’altro quello della vigilanza sociale, quello sì della più netta denuncia delle povertà e delle difficoltà sociali più evidenti, ma la risposta da dare risiede nella buona conduzione del Pnrr garantita anche da una attiva vigilanza delle parti sociali, e nella stimolazione delle attività di crescita della produttività. Dunque occorre concentrarsi sulla linea direttrice di condotta virtuosa rivolta alla crescita della qualità e della quantità delle produzioni di beni e servizi, dunque la ricerca della produttività nelle produzioni e servizi affiancata alla attuazione del Pnrr, non può che assorbire primariamente ogni nostro sforzo.
Le disastrose conseguenze della pandemia, si sono cumulate alle ferite mai rimarginate delle crisi degli ultimi lustri. Spesso i governi ed anche le parti sociali hanno preferito le accorciatoie delle terapie di difesa e di assistenza per arginare la desolazione della disoccupazione e della precarietà, alle politiche di sviluppo. I danni di questa visione rinunciataria, hanno indebolito pericolosamente i conti pubblici ma anche pericolosamente la cultura del lavoro. Partecipare alla ricostruzione del Paese è una necessità dei lavoratori e delle imprese per entrare nella logica del cambiamento della filosofia economica e sociale per evitare la rovina la Nazione. Lo sciopero generale oltre ad essere sbagliato in sé in queste circostanze, è la manifesta rappresentazione di cosa dovrebbe essere il Sindacato oggi per rinnovare la sua gloriosa storia nella Repubblica.
Editoriale di Raffaele Bonanni, responsabile Relazioni Industriali, pubblicato su Formiche.net