Le nostre proposte per industria e energia
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Premessa
Investimenti nel settore industriale
Entro la fine del 2025, sia il Piano Transizione 4.0 che il Piano Transizione 5.0 giungeranno al termine, generando incertezza per le imprese. Il Piano Transizione 4.0, successore di Industria 4.0, attualmente include solo il credito d’imposta per beni strumentali tecnologicamente avanzati, mentre il Piano Transizione 5.0, nonostante una dotazione di 6,23 miliardi di euro, ha registrato un assorbimento lento delle risorse, ostacolato da eccessiva burocrazia.
L’assorbimento delle risorse del Piano Transizione 5.0 richiederebbe un tasso di spesa 15 volte superiore a quello attuale, evidenziando la difficoltà di trasformare i fondi stanziati in investimenti concreti e compromettendo l’efficacia del piano.
Il credito d’imposta per i beni strumentali, ridotto dal 2023, ha perso efficacia rispetto al precedente iper-ammortamento di Industria 4.0. Inoltre, sono stati eliminati gli incentivi per beni immateriali, come software e sistemi digitali, e per la formazione 4.0, riducendo le opportunità di innovazione per le imprese.
Nel 2024, il settore delle macchine utensili ha registrato un calo degli ordini interni (-3%) ed esteri (-7%), con consegne in calo del 44% dal 2022.
Energia
Nel 2024, l’Italia ha registrato i prezzi dell’energia elettrica più alti dell’Unione Europea, pagando il doppio della Francia, il 70% in più della Spagna e il 30% in più della Germania. Inoltre, il Paese è il principale importatore di energia elettrica in UE, con 52 TWh, pari al 17% del fabbisogno nazionale, quasi il doppio rispetto alla Germania.
Il costo dell’energia in Italia è fortemente condizionato dal prezzo di borsa, influenzato a sua volta dal costo del gas, dagli oneri per le rinnovabili e dalle tariffe di rete. Questa dinamica impatta direttamente sui bilanci di famiglie e imprese, con un’instabilità dei prezzi legata anche a fattori geopolitici e alla volatilità dei mercati energetici.
Crisi settore automotive
L’automotive, pilastro dell’industria manifatturiera, è in crisi strutturale, con un calo della produzione e della competitività. L’UE ha puntato sulla transizione ecologica senza una strategia industriale adeguata, favorendo i produttori extraeuropei: tra il 2017 e il 2022, la Cina ha quintuplicato le sue esportazioni in UE, mentre la quota di mercato europea nei veicoli elettrici è scesa dall’80% al 60%.
Dopo il Covid, il settore non si è ripreso: nel 2024, le immatricolazioni in Europa sono del 18% inferiori al 2019, con Germania (-13%) e Italia in forte sofferenza. La crisi di Stellantis è un esempio emblematico, con un crollo produttivo del 31,7% e stabilimenti chiave come Mirafiori, Melfi e Cassino in difficoltà.
L’indebolimento della filiera colpisce anche la componentistica, settore con 2.200 imprese italiane. Senza interventi urgenti, il rischio è una marginalizzazione dell’industria automobilistica europea, con gravi conseguenze su occupazione e competitività.
IRES premiale
Le principali criticità della misura riguardano innanzitutto la durata limitata, poiché il beneficio sarà valido solo per il 2025, fino alla presentazione della relativa dichiarazione dei redditi. Inoltre, i vincoli sugli investimenti ne restringono l’applicazione, poiché gli incentivi sono limitati a specifici beni strumentali legati alla trasformazione digitale, escludendo di fatto investimenti in formazione del personale e welfare aziendale.
Anche le condizioni di accesso risultano particolarmente restrittive, riducendo la platea delle imprese che potrebbero beneficiarne. Tra i requisiti richiesti, vi è l’obbligo di mantenere gli investimenti per almeno cinque anni, la necessità di aumentare immediatamente l’occupazione e il divieto di accesso per le aziende che hanno utilizzato la cassa integrazione nel 2024.
Nonostante il taglio dell’aliquota fiscale, la spesa prevista per questa misura è limitata, segno che il numero di imprese potenzialmente beneficiarie sarà ristretto. Inoltre, i requisiti sugli utili impongono vincoli più rigidi rispetto a misure precedenti, riducendo la flessibilità per le aziende.
Nel complesso, la misura appare più come un premio per imprese già solide e strutturate, piuttosto che un incentivo capace di stimolare nuovi investimenti e favorire una crescita diffusa.
Fin dalla nostra nascita, noi di Azione ci impegniamo con iniziative concrete per sostenere e rilanciare il settore industriale, consapevoli del suo ruolo strategico per la crescita economica e l’occupazione nel Paese. Il nostro approccio si basa su proposte dettagliate, supportate da atti parlamentari, piani di intervento strutturati e soluzioni operative, con una chiara indicazione di costi, tempi di attuazione e modalità di implementazione.
Crediamo che la politica industriale debba essere un pilastro centrale dell’azione di governo, non un tema marginale, e per questo lavoriamo costantemente per fornire strumenti concreti alle imprese, ridurre gli ostacoli burocratici e incentivare gli investimenti in innovazione e sostenibilità.
Di seguito, riportiamo i programmi già elaborati, che rappresentano il nostro impegno costante nel proporre misure efficaci e realizzabili.
Stiamo entrando in recessione. L’America sta risucchiando investimenti e a rischio ci sono milioni di posti di lavoro. Non possiamo rimanere inerti o peggio passare da una polemica all’altra. Abbiamo presentato il nostro piano industriale per il settore manifatturiero. Come… pic.twitter.com/WVIq68ilRU
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) February 6, 2025
Le nostre proposte
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Investimenti industriali e misure per le imprese
Vogliamo rilanciare il Piano Industria 4.0, rimodulando le risorse con il trasferimento di 2 miliardi di euro da Transizione 5.0 a Industria 4.0. La nuova ripartizione degli stanziamenti sarebbe quindi di 4,2 miliardi di euro per Industria 4.0 e 3,9 miliardi di euro per Transizione 5.0 (6,3 miliardi – 400 milioni già spesi – 2 miliardi riallocati).
La detrazione si applicherebbe senza limiti massimi di investimento e indipendentemente dalla dimensione dell’impresa, presentando le seguenti caratteristiche:
► Aliquota unica del credito d’imposta pari al 33%.
► Ripristino del credito d’imposta per:
✔ Software, con aggiornamento dell’elenco dei beni alle tecnologie legate all’intelligenza artificiale.
✔ Formazione 4.0, con il coinvolgimento dei Competence Center e dei Digital Innovation Hub nella certificazione delle attività erogate.
► Vigenza pluriennale (2025-2027), per garantire un orizzonte stabile di programmazione degli investimenti
Abbiamo già proposto al Governo di estendere l’IRES premiale oltre il 2025, ampliando la gamma di investimenti ammessi e rendendo l’accesso più semplice. Nello specifico, abbiamo fatto proposte specifiche per favorire investimenti a lungo termine con impatti positivi sulla produttività e sull’occupazione:
Includere tra gli investimenti eleggibili anche:
Per superare le criticità sopra rilevate, abbiamo proposto di estendere l’IRES premiale oltre il 2025, ampliando la gamma di investimenti ammessi e rendendo l’accesso più semplice. Nello specifico, abbiamo fatto proposte specifiche per favorire investimenti a lungo termine con impatti positivi sulla produttività e sull’occupazione:
► Includere tra gli investimenti eleggibili anche:
✔ Formazione del personale, per incentivare l’aggiornamento delle competenze.
✔ Welfare aziendale, per migliorare il benessere dei lavoratori.
► Semplificare i requisiti di accesso, rendendo la misura più facilmente fruibile dalle imprese.
Energia
Proponiamo la reintroduzione del meccanismo del “Prezzo Equo”:per l’energia da fonti rinnovabili, come previsto dall’art. 15-bis del decreto legge 27 gennaio 2022 (Governo Draghi). Questo meccanismo stabilisce un prezzo di riferimento, con gli operatori che trasferiscono al GSE la differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo equo. Le risorse raccolte possono essere usate per ristorare i consumatori e per contratti pluriennali a prezzi fissi con l’industria.
► Il GSE dovrebbe prelevare al prezzo equo tutta l’energia elettrica generata da impianti a fonte rinnovabile non incentivati, garantendo loro una remunerazione simile a quella del decennio 2011-2020.
► Per gli impianti a fonte rinnovabile incentivati, il prezzo di borsa dovrebbe essere sostituito dal “prezzo equo” pari a 57 euro/MWh, eventualmente indicizzabile all’inflazione
Il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili rispetto al prezzo di borsa è una misura fondamentale per ridurre la dipendenza dal gas, che nel 2024 ha determinato il prezzo di mercato per il 65% delle ore. Questo obiettivo può essere raggiunto senza creare due mercati paralleli, ad esempio attraverso contratti bilaterali (PPA)o il prelievo dell’energia rinnovabile da parte del GSE tramite contratti a due vie.
Contestualmente, proponiamo la cessione di energia rinnovabile da parte del GSE attraverso contratti pluriennali, con particolare attenzione al settore industriale ed energivoro, favorendo così stabilità dei prezzi e competitività per le imprese.
Adottare interventi mirati per ridurre il costo dell’energia a carico delle imprese, garantendo al contempo la transizione verso un sistema più sostenibile:
► Ottimizzare i costi della produzione termoelettrica a gas, prevedendo meccanismi di compensazione da trasferire nei prezzi dell’energia elettrica, in modo da contenere gli oneri per le aziende senza penalizzare lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
► Aumentare la quota delle entrate dalle aste ETS destinata alle imprese energivore, per ridurre l’impatto del costo della CO₂ sulla competitività del settore industriale. Attualmente, solo 600 milioni di euro all’anno vengono destinati a questo scopo, a fronte di entrate complessive pari a 3,5 miliardi, rendendo necessaria una revisione del sistema di redistribuzione delle risorse.
► Migliorare la stabilità dei prezzi attraverso strumenti di contrattualizzazione a lungo termine e meccanismi di mitigazione della volatilità del mercato energetico, per garantire alle imprese maggiore prevedibilità nella pianificazione dei costi.
Vogliamo favorire la diffusione degli impianti fotovoltaici per l’autoconsumo semplificando in modo significativo l’iter burocratico e autorizzativo. L’intervento prevede l’eliminazione dei permessi superflui, l’introduzione di una procedura di notifica semplificata e la standardizzazione delle norme a livello nazionale, evitando disparità di applicazione tra le diverse aree geografiche.
Inoltre, si propone di agevolare l’accesso alle reti di distribuzione, riducendo i tempi di connessione e garantendo maggiore stabilità normativa per le imprese e i cittadini che investono in energia rinnovabile.
Automotive
► Adottare un Temporary framework UE per l’automotive (“TFA”) che ripristini il TF Covid per gli aiuti sotto forma di de minimis (ex sez. 3.1) garanzie statali sui prestiti (3.2) o di tassi di interesse agevolati per i prestiti (3.3)
► Estendere l’operatività Fondo di garanzia PMI al 100% anche per finanziamenti a a sostegno della liquidità e ripristino «Garanzia Italia» di SACE per le grandi imprese.
► Tutelare i livelli occupazionali attraverso il ripristino dell’operatività CIGO-CIGS Covid.
► Incentivo alla domanda attraverso un’agevolazione all’acquisto di veicoli, basata sull’impronta di carbonio calcolata sull’intero ciclo di vita e non solo sulle emissioni allo scarico. La misura è neutra rispetto alla tecnologia di alimentazione e prevede un calcolo che considera tre fasi principali:
(I) impatto ambientale della produzione e assemblaggio (seguendo il modello del bonus francese e lo “score ambientale”);
(II) emissioni legate all’alimentazione e alla circolazione; (III) impatto della fase di dismissione e riciclo del veicolo.
► Regolamentazione UE, con la sospensione delle sanzioni a partire dal 2025 per il mancato rispetto dei target del Regolamento CO₂, attivando la procedura d’emergenza prevista dall’art. 122 TFUE.
► Difesa commerciale, attraverso l’applicazione di dazi compensativi sulle importazioni di veicoli dalla Cina, in linea con le misure adottate a settembre 2024 per tutelare la competitività del settore automobilistico europeo.
► Equiparare l’automotive a settori energivori.
► Promuovere l’automazione per riduzione del costo del lavoro:
a) a livello UE, introduzione nel TFA di una sezione per aiuto settoriale;
b) a livello ITA, introduzione di “Industria 4.0” potenziata per il settore, per investimenti in beni materiali e immateriali + mini-contratti di sviluppo.
► Investimenti in produzione, con misure mirate a ridurre il differenziale di costo rispetto ai Paesi extra-UE e rafforzare la competitività del settore.
A livello europeo, includere l’automotive tra i settori strategici previsti dalla sezione 2.8 del Temporary and Transition Framework, in modo analogo alle batterie.
Sul fronte nazionale, istituire uno sportello dedicato ai contratti di sviluppo, con aiuti potenziati pari al cost-gap (ovvero il differenziale di costo rispetto ai Paesi extra-UE), estendendo il sostegno anche alle spese operative (opex).
► Local content, con un rafforzamento delle norme doganali UE per aumentare la quota di valore aggiunto che deve essere realizzata all’interno dell’Unione, incentivando la produzione locale e riducendo la dipendenza da fornitori esteri.
► Ricerca e sviluppo (R&D), attraverso interventi sia a livello europeo che nazionale.
A livello UE, si propone l’attivazione di un IPCEI (Importante Progetto di Interesse Comune Europeo) per sostenere la ricerca nei segmenti di frontiera dell’automotive.
Sul piano nazionale, si prevede la creazione di uno sportello settoriale per gli accordi di innovazione, con un investimento di 200 milioni di euro per incentivare lo sviluppo tecnologico e la competitività delle imprese del settore.
Imprenditoria giovanile
Vogliamo incentivare la nascita di nuove imprese fondate da giovani under 35, offrendo un regime di esenzione fiscale e contributiva per i primi cinque anni. Per garantire un utilizzo mirato delle risorse, è prevista una clausola di restituzione, applicabile nel caso in cui l’azienda, al termine del quinquennio, raggiunga un livello di redditività sostenibile.
In questo modo vogliamo stimolare l’imprenditorialità giovanile, con una platea stimata di 12.000 nuove imprese e un impatto positivo sull’occupazione pari a circa 62.000 nuovi posti di lavoro. Il costo complessivo del programma è stimato in 800 milioni di euro all’anno.
Vogliamo rafforzare il legame tra università, enti di ricerca e imprese, incentivando il trasferimento tecnologico verso le start-up. L’obiettivo è favorire l’utilizzo di brevetti universitari e di enti di ricerca non sfruttati, stimolando l’innovazione e la competitività del sistema produttivo.
Per rendere più efficace la diffusione delle tecnologie, prevediamo la cessione a titolo gratuito di brevetti che, trascorsi tre anni dal deposito, non siano stati ancora utilizzati, permettendo così alle giovani imprese di accedere a innovazioni strategiche senza barriere economiche.