Reddito di cittadinanza: ad ogni diritto corrisponda un dovere
Bonanni: "Gli abusi non si sono contati, i poveri rimangono senza sostegni".
Dopo l’esperienza negativa che ha portato al varo del Reddito di cittadinanza, il buonsenso dovrebbe suggerire di cambiare e rendere praticabili le motivazioni di carattere sociale che hanno spinto i governi precedenti a impiegare dalla metà del 2019 ai nostri giorni circa 27 miliardi di euro: 3,8 miliardi nel 2019; 7,2 miliardi nel 2020; 8,6 miliardi nell’anno scorso; 7,7 miliardi per l’anno in corso.
Gli abusi non si sono contati, i poveri rimangono senza sostegni, pochissimi si sono convinti di andare a lavorare: questo il bilancio disastroso di questa storia. Si può capire che un partito di maggioranza abbia riposto su questo provvedimento il suo desiderio politico per poter costruire un legame solido con 2 milioni di italiani, quanti sono coloro che beneficiano del Reddito di cittadinanza e del Reddito di emergenza, ma non è una buona ragione per continuare a perpetuarlo, senza porsi alcune domande per evitare altri errori, che oltre allo spreco di enormi e preziose risorse degli italiani, continuerà a scoraggiare le persone a lavorare.
Se hanno bisogno invece di acquisire professionalità, li si può sostenere con la formazione previo impegno e profitto; se vogliono rimanere nel loro ambiente territoriale, si condizioni la fruizione del reddito alla loro disponibilità con gli enti pubblici, ad impegnarsi in lavori socialmente utili.
Altra situazione riguarda i non giovani e soprattutto coloro che hanno perso il lavoro in età avanzata. Per costoro gli aiuti non possono che riguardare incentivi per chi li assume, oppure l’utilizzo in lavori socialmente utili. Insomma bisogna smettere l’idea radicata ed errata che gli aiuti pubblici a persone in difficoltà possano avvenire senza doveri ed efficienza; che la solidarietà pubblica è un valore che possa esprimersi senza dare conto con l’impegno possibile, per ripagare in qualche modo i contribuenti che la sostengono.
Questa filosofia basica, vale ancor più per provvedimenti riguardanti le nostre politiche del lavoro che hanno da tempo immemore mostrato gravi ritardi e distorsioni, al punto che il compianto Marco Biagi le classificò le peggiori d’Europa. Da quell’epoca le cose non sono cambiate, considerando che alcuni positivi cambiamenti in seguito intervenuti, come nel gioco dell’oca, sono nell’ultimo biennio tornati al punto negativo di partenza.
Infatti, i tremila assunti per questo scopo non avevano né conoscenza né professionalità. I centri pubblici per l’impiego, che dovrebbero assorbire i navigator, e sono destinatari di finanziamenti per la loro riorganizzazione, si potrebbero istituzionalmente occupare in futuro di disporre di programmi e controlli delle funzioni del collocamento privato che si dimostra più funzionale per la scorrevolezza del rapporto domanda-offerta lavoro, ed invece occuparsi direttamente dei lavoratori a forte disagio.
Ecco, se si vorrà essere in linea con le sfide del Pnrr, migliorare le politiche attive del lavoro, e fortificare responsabilità ed efficienza, più che rabberciare impossibili rimedi ai danni arrecati a lavoratori e contribuenti, si dovrà mettere insieme soluzioni semplici e trasparenti. Il segno distinguibile che dovranno dare agli italiani tutti che ad ogni diritto, dovrà corrispondere un dovere.
Editoriale di Raffaele Bonanni, responsabile Relazioni Industriali, pubblicato su Formiche.net
È sacrosanto aiutare i poveri, ed allora si concepisca un provvedimento per i poveri che è altra cosa occuparsi di politiche del lavoro, come è altra cosa porsi il tema degli aiuti a giovani per l’inserimento al lavoro. In tal caso si definiscano provvedimenti ad hoc per sostenere ognuno di questi problemi separatamente per evitare confusioni. Ci sono giovani che possono trovare impiego a distanza dalla loro residenza, ed allora li si aiuti in qualche modo a rendere più agevole questo cambiamento della loro vita.
Ma va anche ricordato che a corredo del Reddito di cittadinanza sono stati concepiti e resuscitate strutture di servizi al servizio dei beneficiari a trovare lavoro, come i “navigator”, e gli uffici pubblici per l’impiego. I primi hanno dimostrato il totale fallimento a ragione del fatto che la velocità e soluzione dell’incontro tra domanda ed offerta avviene se conosci e hai il polso delle aziende e dei settori.