Sull’Afghanistran l’Europa torni protagonista

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18/08/2021

Camporini a Il Messaggero: "Non disperdiamo l'impegno di chi si è speso in questi anni". 

Intervista di Marco Ventura

È militare o politica la sconfitta in Afghanistan?

"Politica. Le guerre si vincono quando si impiegano tutti i mezzi necessari per vincerle".

Questa guerra non la si è voluta vincere, gli americani non hanno dato ascolto né ai propri generali né agli alleati, li hanno ignorati. Ne è convinto Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa, consigliere scientifico dello Iai e responsabile Difesa e sicurezza di Azione. "Il controllo del territorio afghano richiedeva numeri enormemente superiori rispetto allo schieramento massimo di 140mila uomini. Basta guardare la cartina: è un territorio ampio, compartimentato, con vie di comunicazione disagevoli. Per tutto questo tempo è rimasto nelle mani degli insorti".

Perché non è stato fatto quello che si doveva?

"I generali lo avevano capito. McCrhystal e Petraeus avevano sollecitato Washington a un salto di qualità. Non è stato concesso, per cui alla fine mancavano elementi chiave per avere ragione definitivamente degli insorti e politicamente mancavano adeguate pressioni sul retroterra: il Pakistan, armato nuclearmente, veniva coccolato e gli è stato consentito di essere un safe haven, un’oasi sicura come canale di rifornimento dei talebani".

Il Segretario generale della Nato, Stoltenberg, parla di lezioni da imparare…

"Lo sviluppo degli eventi, lo svolgimento degli incontri in cui gli altri partecipanti alla coalizione erano platealmente esclusi dalle decisioni americane, ci dicono che i Paesi europei devono unirsi e quelli che ci stanno e ci devono essere, ovvero Francia, Germania e Italia, devono costituire il nucleo che dentro la Ue possa non contrapporsi agli Stati Uniti ma affiancarli nelle decisioni, da pari a pari. C’è vergogna per l’Occidente, che non ha salvaguardato le fette della società afghana che hanno collaborato con l’Occidente medesimo".

I talebani si sforzano adesso di mostrare un volto buono…

"Quella talebana è una comunità che si ispira al sunnismo, che gli altri usa la dissimulazione, lo dimostrano i negoziati con gli Stati Uniti a Doha: quello che hanno permesso non lo hanno mantenuto. Sono cambiate le circostanze, certo, ma se vogliamo illuderci illudiamoci. Temo che il Paese stia ripiombando nella dittatura religiosa: l’unica speranza è aver seminato noi in questi anni aspettative e convinzioni che matureranno, ma ci vorrà del tempo e non sarà indolore".

C’è una generazione di ventenni cresciuti nella libertà. Fasce di popolazione che vivono diversamente dal passato…

"Fasce che vivono nei grandi centri urbani. Ciò che accade nelle campagne è un po’ diverso. Lo osserviamo anche in paesi vicini a noi: l’integralismo di Erdogan non trova terreno fertile nelle città, ma negli ambienti rurali".

La caduta di Kabul è un segnale di forza dei talebani.

"Di debolezza nostra più che di forza dei talebani: avevano uno status quo che hanno ripristinato, noi abbiamo fallito nel cambiarlo. Vedo più una nostra debolezza e una certa resilienza da parte della vecchia politica afghana".

Come si pongono oggi le potenze dell’area?

"I russi sono estremamente prudenti, hanno ribadito che manterranno aperti i canali ma vogliono vedere cosa succede. Da parte cinese c’è il solito atteggiamento neo e cripto colonialista per cui non importa quel che succede sul terreno, l’importante è assicurarsi le risorse dei territori. Da parte occidentale c’è confusione. Confesso che provo grande disappunto per l’ultimo discorso del presidente Biden, non per quello che ha detto ma per quello che non ha detto. Ha citato solo una volta la Nato, per dire che l’esercito afghano era più attrezzato di quello di molti Paesi dell’Alleanza. Non ha menzionato il fatto che gli Usa erano a capo di una coalizione, e che anche noi abbiamo investito tanti soldi e soprattutto abbiamo perso noi italiani 53 vite, i britannici più di 400…".

Si risveglierà anche il terrorismo?

"Le vicende gli ultimi decenni non hanno attenuato l’odio di alcune frange verso l’Occidente, quindi le motivazioni alle radici delle attività terroristiche non sono state eliminate, semmai rafforzate…Ma i talebani non sono un monolite, sono un insieme di gruppi accomunati dalla volontà di cacciare il governo Ghani, nel passato sono stati ferocemente oppositori gli uni degli altri. E una parte del territorio afghano non è così allineato con chi si è insediato a Kabul".

L’ultima lezione: che cosa prova?

"La responsabilità verso chi si è speso in questi anni, in primis i caduti e le famiglie, ma tutti quelli che hanno lavorato in quell’ambiente durissimo che è l’Afghanistan, chi c’è stato sa. Quello che hanno fatto non venga disperso".

Intervista a Vincenzo Camporini, responsabile Difesa, pubblicata sull’edizione odierna de Il messaggero